Se c’è un’evidenza che nell’ultimo anno si è imposta in modo incontrovertibile nel mercato dell’energia elettrica europeo è il fatto che la diffusione delle fonti rinnovabili sia stata la prima causa della diminuzione dei prezzi delle bollette (la prima, ovviamente, non la sola), soprattutto in alcune ore della giornata e soprattutto in quei Paesi (Italia esclusa) in cui esiste un meccanismo che non aggancia il prezzo del kWh da fonte eolica o fotovoltaica (il più basso del mercato) a quello generato dal gas.



A dimostrarlo basta l’osservazione attenta di due grafici dall’autorevole istituto indipendente AleaSoft Energy Forecasting (riportati con questo articolo) che fotografano l’andamento dei prezzi dei principali Paesi europei.

Il primo grafico mostra un confronto tra i prezzi dell’energia elettrica in alcuni Paesi europei dall’inizio dell’anno sino a metà settembre: la linea continua indica il valore medio del 2024, la linea tratteggiata quello del 2023. Il picco di inizio 2023 mostra la coda della drammatica emergenza che aveva avuto inizio nella primavera dell’anno precedente. Anche nei mesi successivi (quando gli effetti della crisi si erano attenuati) risulta evidente il divario dei prezzi tra i due anni che mostra il forte calo verificatosi ad esempio in Francia, Spagna, Germania e Uk.



Se si volessero guardare più in profondità i dati si scoprirebbe che all’origine di questo fenomeno c’è stato un crollo dei prezzi in alcune ore centrali della giornata, cioè quando è più alta la produzione da fonte fotovoltaica, una tecnologia su cui alcuni Paesi come appunto Germania, Francia e Spagna stanno puntando con grande decisione. Germania e Spagna sono rispettivamente il terzo e il settimo Paese al mondo per quantità di potenza fotovoltaica disponibile per abitante, e nel Paese iberico il solare ha raggiunto una fetta del 17% sul mix nazionale. L’ampio ricorso alla fonte solare ha spinto talmente in basso i prezzi dell’energia elettrica da averli portati vicino allo zero e addirittura in area negativa, un fenomeno cha ha avuto larga diffusione proprio quest’anno soprattutto in Germania e Spagna per quanto riguarda l’Europa, ma ne sono stati ampiamente interessanti anche California Texas e Australia.



Così, un sempre maggiore ricorso alla fonte solare ha avuto un effetto calmiere sui prezzi medi dell’energia elettrica grazie al fatto che il kWh da fonte fotovoltaica è il più basso attualmente sul mercato (e lo sarà ancora a lungo dato che all’orizzonte non si vedono alternative più economiche).

Di questo fenomeno è comunque possibile fare esperienza diretta anche su scala più piccola: lo potrebbero confermare le oltre 25 mila aziende italiane dell’industria e del terziario che negli ultimi dodici mesi hanno installato un impianto fotovoltaico avendone benefici diretti in termini di riduzione della bolletta elettrica grazie all’autoconsumo dell’energia prodotta in loco. Non ci fossero questi vantaggi non si spiegherebbe la diffusione ininterrotta che il fotovoltaico sta registrando non solo in Italia, ma nei principali Paesi europei e in ogni angolo del mondo dispiegando ad ampio raggio quei benefici che toccano non solo l’aspetto economico, ma anche quello ambientale oltre al delicatissimo tema dell’indipendenza energetica.

E non bisogna mai dimenticare che questa è una transizione che nasce dal basso, dalla libera scelta di cittadini e aziende che mettono mano al portafoglio per investire in un nuovo modello di produzione e consumo di energia elettrica.

Tornando ai prezzi medi dei principali Paesi europei, resta una domanda: abbiamo parlato del calo in Germania, Francia, Spagna, Uk… E l’Italia?

Purtroppo, come si evince dal secondo grafico, l’Italia è rimasta tagliata fuori da questo fenomeno di contrazione dei prezzi. Non perché in Italia le rinnovabili e il fotovoltaico non stiano avendo successo (anzi, nei primi 8 mesi di quest’anno in Italia la nuova potenza fotovoltaica installata è cresciuta del 39%), ma per un meccanismo di determinazione del prezzo dell’energia elettrica nel mercato all’ingrosso che favorisce l’allineamento a quello delle fonti più costose.

E cosi nei mesi scorsi in Italia abbiamo avuto prezzi superiore del 20%, del 30% e addirittura del 50% rispetto ad altri Paesi europei. Una follia, sostenuta anche dalla mancanza di una coraggiosa politica energetica nazionale capace di guardare al futuro e mettere in discussione rendite e privilegi di un antico regime oligopolistico.

La transizione energetica ha le sue criticità e le sue complessità (ad esempio, la necessità di investire in sistemi di accumulo per ovviare ai limiti delle fonti non programmabili), ma attribuirle la responsabilità del costo dell’energia proibitivo che abbiamo in Italia, come fanno alcuni osservatori, non aiuta una riflessione seria sul futuro.

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