Nel suo discorso sullo stato dell’Unione di mercoledì, Ursula von der Leyen ha presentato il piano di risparmi energetici (5% nelle fasce di picco e 10% sulla media mensile) che dovrà essere poi recepito da ciascun Governo delegando, per l’Italia, le regole attuative al ministero per la Transizione ecologica.
Bruxelles ha anche chiarito la sua decisione sugli extra-profitti annunciando l’intenzione di imporre un tetto ai ricavi delle aziende le quali producono elettricità a basso costo – usando fonti alternative al gas, dal solare all’eolico, dall’idroelettrico al nucleare, al carbone o petrolio -, ma sono attualmente remunerate in linea con le centrali a gas anche quando quest’ultime coprono magari un 1% della domanda di elettricità. Per la Commissione il “prezzo giusto” è 180€/MWh.
Il riferimento europeo, apparentemente non vincolante, è sicuramente molto generoso per i produttori di rinnovabili. Indiscrezioni trapelate dalle stanze della direzione generale energia della Commissione indicano che siano state Germania e Polonia a impuntarsi per porre l’asticella della remunerazione comunitaria del kilowattora così in alto, allineandolo alle quotazioni attuali della lignite che partecipa in modo rilevante nella generazione elettrica di entrambi gli Stati.
Nel frattempo, a fronte della flemmatica controffensiva energetica dell’Unione, la Croazia mette in campo azioni in puro stile “whatever it takes”. Il Governo di Zagabria decide di aumentare del 10% le estrazioni di gas dai giacimenti dell’Adriatico, a rigor di logica di pertinenza pure nostra. La maggiore produzione verrà destinata a un prezzo amministrato di 40€/MWh alle aziende croate per proteggerle dal caro energia e dalla penuria di gas del prossima stagione.
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