Due settimane fa è suonato il primo fragoroso campanello d’allarme di una nuova fase della crisi, da molti annunciata. Non una nuova crisi, ma la solita crisi, iniziata nell’agosto del 2007 (ormai dodici anni fa!) e mai conclusa veramente, come testimoniato dai tassi di disoccupazione costantemente sopra il livello di guardia. Non una nuova crisi quindi, ma solo una nuova fase della crisi, iniziata nella prima fase con un eccesso di debito privato e poi proseguita con lo spostamento di questo debito sui debiti sovrani. Infine, la fase più recente, quella nella quale si è tentato di nascondere la polvere sotto il tappeto di continui quanto sostanzialmente inutili Qe, cioè offerte di liquidità.

Il fatto è che in questi anni nessuno ha tentato o solo pensato di mettere le mani nel cuore del problema, cioè la moneta debito, la moneta creata dalle banche centrali e resa disponibile in grandi quantità per il sistema finanziario, ma in modo molto scarso per l’economia reale. Che a indebitarsi siano i privati o sia lo Stato, la sostanza non cambia: il debito totale è eccessivo. Nessuno ha corretto il sistema e ora questo viaggia verso il collasso per il peso esorbitante di un debito eccessivo.

In questa situazione, la Bce per tentare di attutire la prossima catastrofe ha recentemente abbassato il tasso di interesse, ormai arrivato al valore negativo di 0,50%, e ha annunciato un nuovo piano di finanziamento al mercato pari a 20 miliardi di euro al mese. Di per sé non si tratta di una mossa sbagliata, si tratta semplicemente di una mossa inutile: inutile e quindi comunque dannosa. Si tratta del tipico caso di eccesso di offerta di acqua a un cavallo che non beve più. Cercano una soluzione dal lato dell’offerta, ma il problema è dal lato della domanda: perché qualcuno dovrebbe prendere un prestito, in un momento in cui l’economia continua a essere in crisi e si prepara un peggioramento di questa crisi?

E ora veniamo al campanello d’allarme: la Fed ha svolto di notte ben quattro operazioni Repo (operazioni di finanziamento urgenti nel mercato interbancario overnight), per un totale di oltre 270 miliardi di dollari. Questo tipo di operazioni sono tipiche delle situazioni di emergenza e l’ultima volta che sono state eseguite è il 2008, l’anno delle crisi bancarie e del fallimento di Lehman Brothers. La somma impiegata è mostruosa: basta paragonarla ai 20 miliardi di euro (al mese) messi in campo dalla Bce.

Cosa vuol dire? Cosa sta succedendo? Con certezza nessuno lo sa e la Fed non si sbottona. Quel che è certo è che si tratta di un pessimo segnale. La cosa grave, che ci riguarda direttamente, è che la Bce in questi anni non ha fatto altro che seguire la stessa ottusa ideologia monetarista della Fed, votata a promuovere la finanza speculativa, cioè quella che massimizza i profitti nel breve termine senza minimamente considerare il reale valore della produzione o della qualità. Così hanno finanziato la crescita delle quotazioni in borsa e non quella degli impianti produttivi, dell’occupazione o dei salari.

Poi è arrivata la fase successiva, quella attualmente in corso, nella quale finanziano le quotazioni in borsa con il taglio degli impianti produttivi, dell’occupazione e dei salari. E questo porta alla cancellazione della classe media e alla divisione del mondo socioeconomico in due: da una parte i ricchi che diventano sempre più ricchi e dall’altra i poveri costretti a condizioni che rasentano la schiavitù.

Ovviamente tutti capiscono che un sistema del genere non può funzionare, non può durare. Col calo dell’occupazione e dei salari nel tempo scendono i consumi e tutta l’economia ne soffre. L’applicazione di una politica di austerità a un sistema economico già sofferente può solo aggravare la situazione. E quanto accaduto in Europa (e in Italia) in questi ultimi anni è la lampante (e sofferta) evidenza di quanto ora affermato.

La situazione è così evidente che ormai anche gli studiosi delle scuole che più hanno sostenuto l’ideologia monetarista stanno facendo marcia indietro. Persino nella celebre università di Chicago ormai questo tipo di considerazioni sono di casa, tanto che un recente intervento del professor Zingales (sì, l’italianissimo Luigi Zingales, di Padova, professore a Chicago) ha destato scalpore proprio perché pronunciato in quell’università e tutto orientato ad affermare che non vi sono oggi strumenti legislativi atti a controllare i colossi della tecnologia (Google, Microsoft, Apple, Facebook), resi tali dall’applicazione rigida del libero mercato (cioè l’applicazione rigida della regola non scritta che non c’è nessuna regola, se non quella del massimo profitto), e che la loro potenza sta addirittura iniziando a influenzare le correnti di pensiero economico, tanto che la stessa “scuola di Chicago” ha avuto un punto cieco riguardo i giganti della tecnologia. Un professore dell’Università di Chicago, proprio a casa sua, pronuncia un discorso di autodenuncia sulla mitica “scuola di Chicago”, cioè la principale artefice dell’ideologia monetarista degli ultimi cinquanta anni! E Zingales ha insistito, affermando che il mondo è cambiato e inevitabilmente anche la posizione della scuola di Chicago deve cambiare.

Persino gli economisti tedeschi se ne sono accorti; pure loro iniziano a dire che chi vuole uscire dall’euro dev’essere lasciato libero di uscire e che per dare un futuro all’Europa occorre prepararsi alla chiusura dell’euro. Non avrebbe meritato il titolo in prima pagina almeno nei nostri quotidiani economici, questa clamorosa svolta? Invece niente. I profeti di sventura dell’ideologia monetarista sono ormai al potere e questo potere non lo vogliono mollare.

In particolare, in Italia abbiamo al potere gli ultimi talebani dell’ideologia europeista e monetarista. Sono gli stessi, discendenti di quella genìa di persone che una volta si chiamavano comunisti e che poi, una volta crollato il Muro di Berlino hanno cambiato nome ma non hanno saputo fare i conti col passato. Gli stessi anti-europeisti per ideologia (comunista), si sono riciclati come fanatici dell’euro e dell’ideologia monetarista.

In Europa abbiamo avuto la saldatura della peggiore ideologia nazi-fascista (quella filo europeista, quella che durante il Ventennio veniva diffusa e proclamata da gerarchi fascisti e nazisti come l’inizio di un nuovo mondo, un’Europa senza più confini commerciali) con la peggiore ideologia comunista, quella che avendo perso il lavoro come valore di riferimento si è buttata sul capitale, sul peggiore capitalismo, sul moderno turbocapitalismo, sul capitalismo finanziario che estrae il valore del capitale dal lavoro, dalle classi lavoratrici tramite lo strumento del cosiddetto “libero mercato”.

Lo svolgimento di questo connubio incestuoso ha creato il mostro attuale, nel quale il libero mercato e il suo fondamento, la proprietà privata, valgono solo per loro, per i ricchi, mentre per gli altri vale il comunismo più puro, vale a dire la totale assenza di proprietà, perché grazie a quella che ora chiamano “economia circolare” non possiedi e non devi possedere più nulla, tutto si acquista a rate e il concetto stesso di proprietà sfuma completamente. Ma con l’acquisto a rate portato alle sue estreme conseguenze il singolo consumatore non fa altro che ipotecare il suo futuro (questo è in sostanza il pagamento a rate, una gigantesca ipoteca sul futuro), nel quale il singolo consumatore sarà ridotto a schiavo, perché costretto dagli impegni precedenti.

La grande voragine che oggi sta inghiottendo tutto si chiama “responsabilità”. I grandi ricchi hanno così tanto potere e così tanta proprietà che non possono essere responsabili di tutto ciò che possiedono, non potrebbero esserlo nemmeno se lo volessero. E la massa del popolo che non ha nulla ma usa di tutto, non è responsabile proprio perché non ha la proprietà di ciò che usa. La responsabilità è quella che dovrebbe spingerci a riconoscere la realtà per quello che è: la realtà è data, la realtà non l’abbiamo fatta noi, la realtà è un dono.

Questa banale osservazione percorre tutta la Dottrina Sociale della Chiesa. Dalla lettera enciclica “Quadragesimo anno” (1931), dove si afferma che “occorre tenere presente la doppia natura, individuale e sociale, sia del lavoro che del capitale” alla “Caritas in veritate” (di Benedetto XVI, anno 2009), dove si afferma che “la città dell’uomo non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione” e poi che “lo sviluppo economico, sociale e politico ha bisogno, se vuole essere autenticamente umano, di fare spazio al principio di gratuità come espressione di fraternità”.

La riflessione della Chiesa nasce da una semplice osservazione e cioè che la realtà è data (quindi tutto nasce da un dono) per una responsabilità: la responsabilità di usarla in funzione del bene comune. “La proprietà privata è elemento essenziale di una politica economica autenticamente sociale e democratica ed è garanzia di un retto ordine sociale. La dottrina sociale richiede che la proprietà dei beni sia equamente accessibile a tutti, così che tutti diventino, almeno in qualche misura, proprietari, ed esclude il ricorso a forme di comune e promiscuo dominio” (Compendio,n. 176).

Ma la proprietà privata non è un principio assoluto, ogni uomo non può fare quello che gli pare dei beni di cui è proprietario. “La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto il diritto alla proprietà privata come assoluto ed intoccabile… La proprietà privata, infatti, quali che siano le forme concrete dei regimi e delle norme giuridiche ad essa relative, è, nella sua essenza, solo uno strumento per il rispetto del principio della destinazione universale dei beni, e quindi, in ultima analisi, non un fine ma un mezzo” (Compendio, n. 177).

Il cuore del problema è che oggi la moneta è di fatto una proprietà privata, viene trattata come una proprietà privata del sistema bancario, per cui il sorgere di nuova moneta diventa un debito per la società tutta. Questo in particolare è vero per la moneta elettronica bancaria, perché strutturalmente e civilisticamente differente da quella cartacea, che è l’unica riconosciuta dalla legge come “moneta legale”.

La lotta al contante deve essere letto in questa ottica. Una lotta che mostra tutta la sua menzogna nelle motivazioni: una lotta scatenata (ci dicono) per combattere l’evasione proprio in tempi nei quali non solo la ragione ma anche le cronache ci dicono che il grosso dell’evasione viene effettuato proprio con la moneta elettronica. L’ultimo caso, da me già citato, racconta di un’evasione da 55 miliardi (per ora) scoperta proprio a partire dalla Germania.

Nel frattempo in Italia ci troviamo al potere gli ultimi talebani dell’ideologia monetarista, quelli che vogliono tenere i conti in ordine e che sono pronti a un bel programma di austerità per tentare di evitare l’aumento dell’Iva. Ma il vero problema non è quello, il vero problema è il deficit a un misero 2%. Sarebbe bello pagare anche il 25% di qualcosa, ma il vero problema è che con il calo della produzione industriale si affossa il Pil e il 22% o 25% di niente è zero.

Nonostante tutto, c’è da essere ottimisti. Il popolo italiano è un popolo fantastico, capace di tutto nonostante tutto. Un popolo in modo misterioso baciato dalla Provvidenza. Occorre la coscienza di questa Provvidenza.