Caro direttore,
Facebook ha sospeso per “hating” gli account di CasaPound nelle ore in cui il premier Conte ha chiesto la fiducia alla Camera. Ha promesso – il Conte “giallorosso” – uno stile comunicativo “più dimesso” rispetto a quello dell’esecutivo gialloverde, peraltro da lui stesso presieduto negli ultimi 14 mesi. I “verdi” ora all’opposizione in Parlamento gli hanno subito ricordato e rinfacciato – con modi “non dimessi” – quanto è accaduto appena tre settimane fa nella stessa sede istituzionale della democrazia rappresentativa. 



Il 20 agosto Conte ha annunciato le dimissioni con una pubblica e violenta requisitoria “ad personam” contro il suo vice, Matteo Salvini, che gli sedeva accanto come sempre lungo l’intera durata dell’ultimo governo. Conte, non è inutile rammentarlo, non è mai stato eletto in una qualunque consultazione democratica nel suo Paese. Salvini, invece, siede in Parlamento perché leader di una forza politica che ha raccolto il 17% dei consensi all’ultimo voto politico e il 34% alle recenti consultazioni europee. Eppure, ancora oggi (ieri) un importante quotidiano italiano ha lanciato l’ennesimo allarme per la “rabbia nera” della Lega (lunedì il senatore Salvini guidava le manifestazioni davanti alla Camera). Nessun accenno all’anomalia inedita – e tutt’altro che “dimessa” per forma e contenuto – di un premier non eletto che succede a se stesso dopo un ribaltone e dopo un esercizio recente del proprio incarico come minimo sospetto di non aver servito pienamente ed esclusivamente gli interessi del proprio Paese, come prescrive il giuramento costituzionale.



Le piazze romane sono state riempite anche da Giorgia Meloni e da Fratelli d’Italia. Sono le stesse piazze che il Pci o la storica triplice sindacale Cgil-Cisl-Uil hanno riempito infinite volte con il proverbiale “siamo un milione da tutt’Italia”. Mai una volta che sia stato usato il marchio di “eversivi”, puntualmente rivolto invece contro i militanti e simpatizzanti di FdI che ieri hanno manifestato (senza incidenti) contro il governo. A proposito di Facebook e di incidenti: perché la piattaforma non si è mai preoccupata, ad esempio, degli account dei centri sociali torinesi che da anni alimentano l’odio contro la Tav (i suoi cantieri e lavoratori), non solo con post e parole?



Salvini, nel frattempo, si è attirato nuovo odio per un ormai noto post Facebook scritto da un caporedattore del servizio pubblico radiofonico. Verso il quale la comunità giornalistica ha mantenuto un silenzio solidale; lasciando che il collega denunciasse nuovamente Salvini per “hate speaking” perché aveva deciso di sporgere querela anche per le ingiurie rivolte contro la figlia.

Continua invece il tifo per la querela della capitana Carola contro l’ex vicepremier: è al momento confermata una sua audizione al parlamento europeo, evidentemente sulle tattiche di incursione ostile in un porto straniero.

Nelle stesse ore Franco Ruotolo ha denunciato Vittorio Feltri al consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia per aver usato sul quotidiano da lui diretto l’espressione “terrone”. Feltri si è scusato ma non ha potuto non difendere la sua libertà di parola e di stampa di interrogarsi sulle prospettive di un governo fortemente dominato dal Centro-Sud, con evidente esclusione della rappresentanza delle aree più produttive del Paese.

Chi “odia” chi fra il neo-ministro Francesco Boccia e il presidente della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga? Il primo, senza neppure che il suo governo avesse ricevuto la fiducia, ha impugnato una legge regionale del secondo riguardante l’utilizzo dei fondi per i migranti. Un attacco politico, travestito da conflitto di competenza tecnica. Il leghista Fedriga è subentrato all’ex vicesegretario del Pd Deborah Serracchiani, stracciando 57 a 27 il contendente “dem”. Boccia, per la cronaca, è stato eletto come capolista di un collegio plurinominale in Puglia e non ha raccolto più del 13,6% dei voti. Eppure, girovagando per Fb, l’“odiatore” del caso è Fedriga. Che ha reagito poco dimessamente.