L’Italia con i suoi paradossi. L’Italia del “volemose bene”. L’Italia dove il “mal comune mezzo gaudio” diventa “gaudio mio male vostro”. Insomma, ancora una volta, l’Italia ha voluto distinguersi per il suo continuo e caratteristico modo di essere: a tratti anomalo, discutibile, talvolta ridicolo agli occhi degli osservatori, ma, nonostante tutto questo essere italico, pur sempre definito come il Bel paese. Invidiato da molti. Forse tutti.



Nella settimana che ha visto l’approvazione all’unanimità del Def ecco giungere l’ennesimo paradosso italiano: «Il magazzino dei crediti non riscossi attualmente ha sfondato il tetto dei 1.100 miliardi di euro». «Un magazzino unico al mondo, in continuo aumento ed è ingestibile. Nessun Paese occidentale tiene un magazzino di 22 anni di crediti non riscossi. È dal 2015 che il Parlamento è informato. Si sono fatti dei tentativi con la rottamazione, il saldo e stralcio e altri istituti similari, che non hanno portato risultati. Ogni anno entrano 70 mld di crediti da riscuotere e ne vengono riscossi meno di 10 mld» (fonte Ansa). Queste le parole del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Enrico Maria Ruffini in risposta alle domande dei parlamentari della Commissione sul federalismo fiscale. Come riportato dalla stessa agenzia, si tratta di un magazzino che conta circa 130.140 milioni di cartelle pari a 240 milioni di crediti da riscuotere e che vede coinvolti circa 16 milioni di cittadini iscritti a ruolo. 



A gestire questa infinita mole di carta (soldi non incassati)? Solo 8.000 funzionari ovvero un numero «non adeguato» perché l’Ente «è per legge, calibrato per gestire un Magazzino di tre anni» (sempre parole di Ruffini). Questa è l’Italia. Un Paese dove il diritto a incassare c’è, ma lo Stato non lo esercita. Un Paese dove grazie all’evasione fiscale (rif. rapporto sull’Iva della Commissione Ue) viene occupato il primo posto nella classifica europea. Un Paese che a ogni appuntamento dove il Governo deve decidere le sorti della gestione economica delle proprie finanze (rif. Def e Nadef) assiste alla perenne lotta con la più sgualcita, sfruttata, e ormai lacerata “coperta (sempre) corta”. Questa è la nostra Italia. 



Nonostante – l’ennesimo . spreco nostrano, appare comunque opportuno rilevare il dato (positivo) diffuso in settimana sulle “entrate tributarie”: «Nei mesi di gennaio-febbraio 2022 le entrate tributarie erariali accertate in base al criterio della competenza giuridica ammontano a 79.036 milioni di euro, con un incremento di 12.376 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+16,8%)». Questa una breve sintesi estratta dal Comunicato n. 68 diffuso dal ministero dell’Economia e delle Finanze. Nella stessa informativa si apprende inoltre: «Le entrate tributarie erariali derivanti da attività di accertamento e controllo si attestano a 1.410 milioni di euro (+334 milioni di euro, +31,0%) di cui: 693 milioni di euro (+225 milioni di euro, +48,1%) sono affluiti dalle imposte dirette e 718 milioni di euro (+109 milioni di euro, +17,9%) dalle imposte indirette». 

Consapevoli di queste rilevazioni sul cosiddetto “Accertamento” e “Controllo”, allo stesso tempo, però, risuonano ancora alla mente le precedenti parole del Direttore dell’Agenzia delle Entrate Enrico Maria Ruffini. E i tumulti dell'”essere Italia” giungono nel più profondo. Nel profondo di un Paese che soffre di un bipolarismo tutto suo in cui il l’essere e l’avere non coincideranno mai. Un Paese dove la differenza tra la teoria e la pratica è la regola. Un Paese, purtroppo, che vede tutti allenatori e nessun giocatore. Un Paese, infine, e spiace molto ammetterlo, dove paga pantalone! 

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