“Trump 2024 è una minaccia per la sicurezza europea”. Il titolo – secco e inequivocabile – è stato firmato sul Financial Times da Gideon Rachman, capo dei commentatori di politica estera. Nemmeno lo svolgimento è troppo complicato da seguire al quarto mese della guerra russo-ucraina era atteso, quasi scontato.
Al succo: premesso che quella contro la Russia di Vladimir Putin è una guerra l’Occidente vuole/deve combattere e vincere per affermare la propria civiltà liberaldemocratica, ciò non potrà mai avvenire se fra due anni il Presidente americano in carica Joe Biden sarà disarcionato alle presidenziali; e se – in modo specifico – alla Casa Bianca tornerà Donald Trump. Ergo, gli americani “non possono non saperlo”, direbbe un magistrato italiano di rito giustizialista: non hanno altra scelta che rivotare per Biden o per il candidato(a) democratico nel novembre 2024. Anzi: è meglio se si convincono (anche a costo di turarsi il naso) di votare “dem” fin dalle elezioni midterm di novembre, quando verrà rinnovata l’intera Camera dei rappresentanti, oltre a un terzo dei senatori e 39 governatori (a ora i sondaggi dicono il contrario: gli americani appestati dall’inflazione dopo che dal Covid sarebbero intenzionati a dare il preavviso di sfratto a un Presidente vecchio e pasticcione, già mediocre vice del pasticcione Obama, entrambi guerrafondai dilettanti in Ucraina ieri e oggi).
Nel frattempo – questa è la specifica ramanzina del FT – tutti i Paesi europei farebbero bene a dare l’esempio (anche all’America confusa dall’inflazione e dalla Corte Suprema “trumpiana”): serrando i ranghi dietro il “comandante in capo” di Washington e riconoscendo quindi nella Nato a trazione Usa l’unica alleanza internazionale meritevole di rispetto. Onu e Ue? Roba morta e sepolta il 24 febbraio 2022. Istituzioni fallite nel passato e nel presente nell’obbligo storico di combattere e distruggere il Grande Satana di Mosca (e anche quello di Pechino). È l’ora della Super-Nato: estesa a tutto il Mondo Libero, anche all’Asia e all’Australia, non sono all’Euramerica della Prima Guerra Fredda.
La catena di sillogismi sembra funzionare: la guerra lunga, potenzialmente “mondiale” “fino alla vittoria definitiva contro Russia (e in prospettiva Cina e India e tutti i Paesi non allineati con la Nato) è oltremodo giustificata dal fatto che essa è condotta anche – nel fronte interno americano – contro la mezza America che nel 2016 ha democraticamente eletto il candidato repubblicano. Su altri fronti nazionali: contro la mezza Francia che ha “non rieletto” Macron; contro il 75% di Italia che fra otto mesi va alle urne ma non ha mai votato Pd; contro la mezza Inghilterra che vorrebbe spedire a casa Boris Johnson (in essa, per la verità, anche molte firme del FT…).
Trump (oppure Matteo Salvini, oppure Jean-Luc Mélenchon) sono “nemici pubblici”, sono “minacce alla sicurezza occidentale”. Votarli è un delitto, in attesa magari che divenga un reato: così come in Estonia il Governo ha dichiarato virtualmente fuori legge il Centre Party, primo partito nazionale col 23%. Troppo filo-russo: parola della Premier, filo-Nato a cento ottani.
Nei tre Paesi baltici servono più armi e più militari e i Paesi Nato devono finanziarli e deciderne lo spiegamento senza se e senza ma (anzitutto senza troppe discussioni parlamentari). Aumentano i rischi di un conflitto prolungato, forse di un’escalation atomica? Meglio: gli elettori euroamericani avranno le idee più chiare su come votare “bene”. E pazienza se il Biden guerrafondaio in Europa è il leader politicamente correttissimo che in patria attacca la sua Corte Suprema perché ribadisce il diritto “nativo” (e maggioritario) degli americani a comprare, portare e usare liberamente armi.
Le armi non sono uguali per tutti: né i voti in democrazia, né le sentenze di un’Alta Corte, che pure tutela la democrazia Usa da duecento anni. Dipende sempre e tutto da se e quanto servono a tenere alla larga Donald Trump, il Cattivo di turno. Che peraltro nei suoi quattro anni le guerre nel mondo le ha ridotte al minimo. È appena tornato Biden che Putin ha invece presentato all’America “Nobel per la pace” di Barack Obama il conto lasciato aperto otto anni in Ucraina. Lo stesso lasciato in eredità in Vietnam da John Kennedy, il Santo Fondatore dal Politically Correct.
P.S.: Su un grande quotidiano italiano ieri si chiedeva a gran voce la “cancellazione” con ignominia culturale di Guglielmo Marconi. L’inventore della radio – Presidente dell’Accademia d’Italia – si sarebbe reso responsabile di scelte antisemite. Ne va decretata la morte civile? Va bene: ma a patto che l’Occidente ne accetti le conseguenze coerenti: rinunciare completamente a tutte le applicazioni della radio dal 1895 in poi. Come l’Occidente si sta auto-sanzionando verso l'”inaccettabile” import di gas e petrolio russo.
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