La Germania starebbe contribuendo alla corsa del TTF, il prezzo di riferimento del gas europeo, comprando partite di gas a qualsiasi costo sui mercati internazionali. Il rumour gira da giorni tra gli addetti ai lavori e ieri è stato pubblicato sulle colonne del quotidiano di Confindustria che in un articolo a pagina 2 afferma che la Germania “starebbe ora acquistando nuovo gas da fornitori non russi a prezzi superiori a quelli registrati al TTF”. Il Governo tedesco, quindi, starebbe comprando a prezzi perfino superiori a quelli folli registrati negli ultimi giorni con il gas che oggi viaggia a 10/15 volte i prezzi di 18 mesi fa. Sono livelli che non sono compatibili con la sopravvivenza dell’industria europea.
Il Governo tedesco, che se lo può permettere finanziariamente, fa giustamente gli interessi degli 80 milioni di tedeschi che votano. Vista la piega che hanno preso gli eventi e dato che per rimpiazzare la Russia servono anni bisogna correre ai ripari a qualunque costo. Infatti, il lasso di tempo, misurato in anni, che intercorre tra lo scenario attuale e il rimpiazzo della Russia è più che sufficiente per far collassare l’economia di un grande Paese industriale come la Germania e forse, Dio non voglia, anche la sua società. Immaginiamo per un attimo che il Governo tedesco a un certo punto sia costretto a spiegare ai propri cittadini che non solo le imprese hanno chiuso, ma che non si può nemmeno scaldare la casa. Tutto è lecito per evitare questo epilogo. Parliamo di Governo tedesco e non società singole perché alcune utility coinvolte dalle sanzioni russe e che hanno dovuto sostituire gas economico con gas a prezzi esosi sono fallite e sono state salvate con i soldi pubblici. La “triangolazione” è la foglia di fico su quello che è nei fatti gas sussidiato dal Governo tedesco.
Se il Governo tedesco compra a tutto spiano a questi prezzi, i massimi di sempre, significa, come minimo, che esiste la possibilità che i prezzi salgano ulteriormente oppure che esista uno scenario, magari a prezzi calmierati, in cui sui mercati non si trova tutta l’offerta necessaria.
Qualche giorno fa il Primo ministro tedesco Scholz si è detto sicuro della solidarietà europea in caso di crisi energetica. Forse Scholz si aspetta che i Paesi membri condividano il gas con la Germania. Ciò che emerge, invece, è che chi può, giustamente, mette in atto tutte le politiche necessarie per tutelare il proprio sistema a prescindere da quello che può succedere ai vicini. La solidarietà europea è un mito che crolla di fronte alle crisi e la crisi energetica attuale trascende qualsiasi crisi si sia vista dall’inizio dell’euro e forse oltre.
Le richieste italiane di tetto europeo ai prezzi si scontrano contro questa realtà. Una politica energetica comune in Europa non riuscirà a passare sopra le case fredde, che potrebbero essere calde, di milioni di cittadini tedeschi o sopra punti percentuali di disoccupazione che potrebbero non esserci. Questo è inevitabile per qualunque Stato conservi un minimo di sovranità.
Il corollario di tutto questo è che l’inflazione che abbiamo visto finora rischia di venire stracciata nei prossimi mesi man mano che i prezzi dell’energia vengono incorporati nei prezzi dei prodotti finiti. Se in Europa si tenta di “risolvere” il problema chiudendo questa o quella impresa, per abbassare la domanda di gas, il futuro è fatto prima di cronica mancanza di materiali e poi di tessere annonarie. La distanza da colmare nella percezione comune ancora attaccata ai “due gradi in meno di riscaldamento” è siderale.
Un’ultima considerazione: Il meccanismo europeo con cui si fissa il prezzo del gas, senza entrare nei dettagli, vive dell’assunto che il “mercato” sia sempre in grado di garantire le forniture e che il gas sia una risorsa messa a disposizione dai fornitori su un mercato globale come se fosse un paio di scarpe. La realtà è diversa da questa ideologia perché il gas è una risorsa strategica che fa funzionare i sistemi industriali e le economie. Quello che abbiamo imparato in questi mesi, osservando attoniti quotazioni che sono un multiplo dei costi di produzione, è che se ideologia e realtà vanno in cortocircuito tanto peggio per la realtà.
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