“Giù le mani dalla Costituzione”, invariabilmente “la più bella del mondo”. Il grido della segretaria Pd Elly Schlein è risuonato inesorabile sui media di ieri, in risposta a un’intervista del presidente del Senato, Ignazio La Russa, attorno allo scontro fra poteri dello Stato sul caso dei migranti in Albania. Ma è uno dei tanti passaggi recenti – sempre più numerosi e serrati – in cui pare difficile dar torto al generale Vannacci quando denuncia “un mondo al contrario” (e raccoglie così i voti di molti italiani).



Sulla Costituzione negli ultimi dieci anni è stata la sinistra a mettere le mani: per ben due volte. Una sinistra minoritaria ma egemone, appesa al Quirinale.

L’ultima volta ha visto – con successo – M5s imporre un taglio drastico dei seggi sia alla Camera che al Senato. È stato Luigi Di Maio – frontman pentastellato nel 2018 – a vincere le elezioni agitando fra l’altro l’“apriscatole” del populismo anti-parlamentare inventato da Beppe Grillo. È stato M5s a inserirlo di forza nel programma di governo del Conte 1. Ma è stato poi il Conte 2 (appena insediato dopo il ribaltone dell’estate 2019) a presentarlo alle Camere, facendolo approvare: quando dalla maggioranza era ormai uscita la Lega (la cui riforma istituzionale di bandiera era l’autonomia differenziata) ed erano entrati i “dem” – il partito del Presidente della Repubblica tuttora in carica – e la sinistra radicale di LeU. È stato con la maggioranza “giallorossa” al potere che la legge costituzionale ha avuto infine pieno vigore nel 2020, dopo un referendum confermativo. E tutto questo senza la minima obiezione da parte del Quirinale, anzi: Sergio Mattarella – rieletto nel gennaio 2022 dal “vecchio Parlamento” – non ha avuto poi accenni neppure minimi di attenzione al fatto che dal voto politico del settembre successivo è uscito un Parlamento “rimaneggiato” dalla riforma degli articoli 56 e 57 della Carta. Un’operazione avallata dai “dem” in cambio del ribaltone che li riportava al potere nonostante una secca sconfitta elettorale.



Ma il Pd era stato protagonista assoluto anche di un tentativo di poco precedente: la riforma istituzionale proposta da Matteo Renzi. Da mai eletto prima in Parlamento, il sindaco di Firenze si ritrovò segretario del Pd solo in forza delle primarie di partito e quindi premier – nel febbraio 2014 – in seguito a una crisi extra-parlamentare direttamente gestita da Giorgio Napolitano, Presidente appena rieletto nonostante la “non vittoria” dei dem nel 2013. Renzi mise subito in agenda una riforma istituzionale che prevedeva anzitutto l’abolizione del Senato. Ne fece la propria bandiera, all’interno del cosiddetto “Patto del Nazareno”. L’accordo con Silvio Berlusconi – in quel momento lui pure fuori dal Parlamento – prevedeva nei fatti la continuazione del “prestito” dei senatori di Forza Italia capitanati da Denis Verdini, indispensabile al Pd per governare: in cambio, anzitutto, di un atteggiamento desistente della maggioranza di centrosinistra sul fronte del duopolio tv fra Rai e Mediaset. Il “Nazareno” avrebbe dovuto funzionare anche nella scelta del nuovo Presidente della Repubblica, quando Napolitano si dimise dopo due anni di secondo mandato. Nel gennaio 2015, tuttavia, il candidato concordato – Giuliano Amato – non passò, ma Sergio Mattarella fu egualmente eletto con una maggioranza molto larga. Renzi poté così governare per due anni, concentrandosi sempre di più sul varo delle riforme: che però gli venne clamorosamente negato dagli elettori nel referendum del dicembre 2016. Che segnò anche la fine del suo primato politico.



Questa è la “costituzione materiale” in vigore nell’Italia del 2024: e non c’è alcuno stupore nel vedere il Pd strillare “giù le mani”. È una “costituzione materiale” in cui la maggioranza di centrodestra viene accusata di mire autoritarie quando candida alla Consulta un giurista di curriculum consolidato come Francesco Saverio Marini. Ma anche un solo giudice eletto dal Parlamento su indicazione del centrodestra guidato da FdI viene narrato come inaccettabile ingerenza in una Consulta in cui tutti i 15 membri oggi in carica vi hanno fatto ingresso con il placet – diretto o indiretto – di Mattarella.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI