Caro direttore,
l’improvvisa escalation polemica attorno a Vatican News riguardo a metodo e merito della copertura giornalistica della guerra russo-ucraina si è subito proiettata su sfere teologiche.

Il Foglio ha contestato alla principale testata della Santa Sede il presunto tradimento della missione “di Verità” della Chiesa, nella scelta di proporre un’intervista al gesuita Gael Giraud, economista della Georgetown University di Washington. Un testo denso di argomenti a favore di una soluzione negoziale fra Kiev e Mosca. Per il Foglio, una conferma inaccettabile di un atteggiamento “terzo” di Papa Francesco e della Chiesa, non allineati con il bellicismo della Nato a trazione Usa “fino alla vittoria finale sulla Russia”.



Il direttore editoriale di Vatican News – Andrea Tornielli – ha anticipato le prevedibili accuse di “filoputinismo”  con una nota di premessa all’intervista: “I media vaticani avviano una serie di approfondimenti sulle parole di Papa Francesco sulla guerra in Ucraina e sulle possibili soluzioni per un negoziato: gli intervistati esprimono le loro opinioni che non possono pertanto essere attribuite alla Santa Sede”.



Quindi: a) nel metodo i giornalisti (ancorché dipendenti di una testata edita dalla Santa Sede) fanno il loro mestiere; esattamente come il Papa e i suoi diversi collaboratori istituzionali fanno il loro nell’articolare pastorale, dottrina e diplomazia della Chiesa; b) Vatican News, nel merito, non si sente vincolata ad alcun “pensiero unico” (“occidentale” o diverso) riguardo all’analisi della crisi geopolitica.

Su entrambi i punti, la posizione appare difficilmente attaccabile: anzitutto perché in trasparente “sequela” del magistero del Pontefice.

Lo scontro pare peraltro dipanarsi – come non di rado ai vertici della Chiesa – lungo una pluralità di dimensioni interconnesse.



Da un estremo – quello più “alto” –  filtrano le tensioni sul futuro del papato, alimentate da voci resistenti di prossime dimissioni di Francesco. La guerra in Ucraina si presenta come ideale terreno di gioco (banco di prova e “vetrina”)  per far emergere schieramenti e misurare rapporti di forza. E uno specifico segmento dialettico riguarda lo scacchiere americano: dove non solo i cattolici appaiono scossi e divisi attorno a un presidente nominalmente cattolico (il secondo in quasi due secoli e mezzo dopo John Kennedy) ma bellicista in Europa e Asia e abortista in patria. Chi dissente dalla Casa Bianca “dem”, tuttavia, è condannato senza processo come “trumputiniano”.

L’estremo opposto del caso Vatican News sembra invece marcare una vicenda molto più circoscritta, anche se non del tutto marginale: le scelte per la direzione di Avvenire, il quotidiano edito dalla Conferenza episcopale italiana. Al vertice della Cei è appena approdato il cardinale Matteo Maria Zuppi: dotato di una leadership già di primo livello nel Paese sotto ogni profilo (ecclesiale, culturale, politico-sociale). Sull’arcivescovo di Bologna il carico di aspettative – dentro e fuori la Chiesa italiana – è molto forte. È quindi inevitabile che i riflettori si siano subito accesi sul rilancio del quotidiano cattolico, che nel suo mezzo secolo abbondante di vita ha conosciuto più di una stagione di protagonismo incisivo sulla scena politico-mediatica italiana (non ultima quella coincisa con la direzione di Dino Boffo).

Da settimane – negli ambienti giornalistici e in quelli del cattolicesimo italiano – si rincorrono i nomi di candidati alla guida di Avvenire. Un gossip che, come spesse accade, tende a ridurre a “palio per una poltrona” un passaggio assai più complesso: la ricostruzione di una strategia mediatica dell’episcopato italiano, a sua volta impegnato nella “ri-costruzione” della Chiesa nazionale – attraverso tutte le sue energie – lungo il percorso sinodale indicato da Papa fin dal convegno di Firenze nel 2015.

Sarà ora compito di Zuppi declinare su Avvenire – e sugli altri media Cei – l’indubbio impulso al cambiamento giunto dalla svolta al vertice dell’episcopato. Quando Il Foglio attacca come “blog” Vatican News – nuova testata digitale voluta da Papa Francesco a superare il format old dell’Osservatore Romano – vi si scorgono segnali ben conosciuti di “lotta per le investiture”. Ma anche questioni più profonde: di metodo e di merito di ciò che passa sotto l’etichetta di “stampa cattolica”.

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