Fra pochi giorni sapremo quale posizione occuperà Ferruccio de Bortoli nella nuova governance della Fondazione Cariplo. L’ex direttore del Corriere della Sera – oggi alla guida della Fondazione Vidas – rimane un candidato molto accreditato per la successione a Giuseppe Guzzetti in un ruolo di massimo rilievo nell’organigramma-Paese. Una posizione dai molti prerequisiti: conoscenza del mondo finanziario non inferiore a quella del Terzo settore, fuse in un profilo di leadership ambrosiana di levatura nazionale e internazionale. Cariplo è strategica nel controllo di Intesa Sanpaolo, prima banca italiana, e nella presenza delle Fondazioni italiane nella Cassa depositi e prestiti; ma anzitutto nel primato fra gli 86 enti dell’Acri, da quasi trent’anni impegnati nello sviluppo della sussidiarietà in Italia.



Qualunque sia l’esito della selezione finale – sulla quale Guzzetti avrà l’ultima parola e che potrebbe maturare in un team di presidenza – non è passata inosservata, negli ultimi giorni, una crescente consonanza di accenti. La presentazione dell’ultimo libro di de Bortoli (Ci salveremo. Appunti per una riscossa civica) ha visto consolidarsi qualcosa che non è ancora un “partito” (anzi: tutti gli interessati escluderanno sempre tale prospettiva) ma sembra qualcosa di più di un semplice movimento d’opinione nell’odierna Italia “liquida”. E quella che il sindaco di Milano Beppe Sala ha convalidato – commentando la riflessioni di de Bortoli sulla crisi del Paese – è una “proposta-Milano” in fortissima sintonia con l’eredità istituzionale e culturale che Guzzetti sta consegnando in queste settimane.



Se il leader uscente della Cariplo e dell’Acri non si stanca di ripetere la sua preoccupazione per i “veleni” che a suo avviso stanno aggredendo la salute democratica del Paese, de Bortoli e Sala sembrano rilanciare con fiducioso realismo la forza del modello milanese: una città da sempre capace di coniugare competitività economica e coesione sociale, apertura inclusiva al mondo e identità civile. E se una figura come l’arcivescovo Mario Delpini mostra un’attenzione importante per il nuovo fermento ambrosiano, è noto quanto il presidente Sergio Mattarella consideri l’impegno di Guzzetti nello sviluppo della sussidiarietà un patrimonio da non disperdere per il futuro della democrazia nel Paese. Le istanze che prendono sempre più forma nella metropoli lombarda sembrano d’altronde uniche nel confronto politico italiano: radicalmente polarizzato a caratterizzato dalle distinte paralisi del Pd e di Forza Italia.



Pare d’altra parte difficile ignorare la dialettica tendenziale fra le istanze del “partito ambrosiano” e le forze della maggioranza di governo. È invece facile scorgere, ad esempio, nell’ultima forzatura di Matteo Salvini sul ritorno delle province – al di là della frustrazione verso M5s sul dossier-autonomie – una mossa di contrasto frontale alla crescita delle aree metropolitane: Milano prima fra tutte, nel cuore del Nord quasi egemonizzato dalla Lega. E se Sala non fa più mistero delle ambizioni di candidatura a premier per un centrosinistra in ricomposizione, è evidente che sa di poter muovere da posizioni proprie alla fine più’ robuste di quelle che stanno accompagnando il faticoso esordio di Nicola Zingaretti alla guida del Pd post-renziano.

Il cammino del “partito di Milano” si annuncia comunque stretto, lastricato di incognite. La prima è il rischio che la sua “proposta” venga controbattuta come strategia di difesa elitaria di posizioni acquisite o come retroguardia di un europeismo tecnocratico entrato chiaramente in crisi .Un secondo pericolo è l’attrazione verso le posizioni più massimaliste e anti-politiche dell’opposizione: quelle che si autoassegnano il diritto esclusivo di giudicare ciò che è “democratico” e ciò che non lo è nell’Italia di oggi. Ma su questo terreno la candidatura olimpica Milano-Cortina 2026 – prossima alla volata finale – ha già confermato che la storia personale di Sala – testata con successo a Expo 2015 – interpreta la politica come mezzo, non come fine: come impegno di governo, non come contrapposizione ideologica. È stato il lavoro di una vita per Guzzetti prima come presidente della Regione Lombardia, poi come senatore e quindi come leader della Cariplo e pioniere delle Fondazioni in Italia. È stata la lettura attiva di de Bortoli alle direzione dei grandi quotidiani milanesi.