Che cosa ha comportato e cosa comporterà la rinuncia a utilizzare il Mes? Affidiamo la risposta ai calcoli di Maria Cannata, già responsabile del debito pubblico italiano, oggi alla guida del Mts (il mercato telematico di Stato). “È un fatto – ha scritto sulla Voce.info – che da gennaio a metà novembre 2020 sono stati emessi oltre 516 miliardi di titoli, 102 in più rispetto all’intero 2019, e che gli anni a venire appaiono molto appesantiti nonostante il costo medio del funding risulti molto contenuto (inferiore allo 0,65% in media)”. Per questo motivo, aggiunge la Cannata, “è comunque un peccato non aver sfruttato, sia pure limitatamente a 36-37 miliardi, l’opportunità del finanziamento Mes, che sarebbe stato addirittura a tassi negativi, sia in caso di prestito a 10 anni che a 7. Certo, il vantaggio sarebbe stato più ampio prima dell’estate, ma anche oggi, con lo spread sceso in area 120 punti base, sarebbe ancora nell’ordine di 80 punti base, corrispondenti a circa 290 milioni l’anno”.



Non illuda, del resto, la discesa costante dei rendimenti, meno rapida dell’aumento delle richieste del Tesoro: nel 2021 il volume delle emissioni supererà senz’altro il record del 2020, a sua volta sopra il primato del 2009 (538,6 miliardi). “Le scadenze a medio e lungo termine – informa l’ex responsabile del debito – ammontano oggi a 227,3 miliardi (circa 25 miliardi in più del 2020); dall’altro, anche in caso di mero rinnovo delle scadenze, pure le emissioni di Bot saranno inevitabilmente superiori, visto il maggior ricorso a questo strumento nella prima metà dell’anno”. Anche perché occorre tener conto delle ultime misure decise per fronteggiare gli effetti del contagio.



Certo, a fronteggiare la valanga ci sono gli acquisti sul secondario della Bce, presto rafforzati dal rifinanziamento dei piani Pepp e Tltro, ma fino a quando? Il nodo, infatti, si riproporrà nel 2023 quando, tabelle alla mano, l’ammontare dei titoli da rimborsare sarà ancora superiore mentre non è per niente scontato che l’atteggiamento dei mercati resti così favorevole all’infinito. Anche perché non è che la piaga del debito riguardi solo il Bel Paese. Anzi. Il mondo, ancor prima del Covid, aveva raggiunto un livello di indebitamento complessivo, poco più di tre volte il Pil, senza precedenti in tempo di pace.



La risposta alla pandemia, sia per gli ammortizzatori automatici, sia per le nuove spese decise per arginare la crisi, porterà il debito/Pil del mondo al 365% (stime IIF) alla fine del 2020. In un solo anno, dunque, 35 punti di debito/Pil in più ai quali ha contribuito, a differenza delle esperienze belliche del secolo scorso, anche il settore privato. Deutsche Bank ha calcolato l’incremento del debito nei singoli Paesi dal quarto trimestre del 2019 al terzo trimestre di quest’anno. Colpisce il Canada, con un aumento complessivo di quasi 80 punti. Seguono Giappone e Stati Uniti, con circa 50 punti. Il Regno Unito è poco sotto i 40, mentre la Cina è poco sopra i 30. L’Eurozona è nel suo complesso poco sotto i 30. L’Italia, a sorpresa, si ferma a 20, a conferma che le condizioni della finanza pubblica ci obbligano ad essere più sparagnini degli altri…

Mal comune mezzi gaudio, verrebbe da dire. O forse no. Mai come negli anni a venire sarà importante far fronte al debito con un tasso di crescita superiore all’indebitamento. Cosa che all’Italia, a differenza degli altri, non riesce più da diversi anni.