I cinesi non hanno dovuto aspettare la Befana per avere il carbone e visto che non ne avevano abbastanza in patria, le loro importazioni del combustibile più inquinante in assoluto sono aumentate a settembre del 79% su base annua. Hanno fame di energia e visto che le loro centrali elettriche vanno per oltre due terzi a carbone lo comprano all’estero a qualsiasi prezzo.
Da una parte, vogliono proseguire la loro politica di “prosperità comune” cercando di limitare la ricchezza dei multimiliardari a favore delle fasce più povere della popolazione. Dall’altra, sanno che la crescita economica è l’unica strada per togliere le persone dall’indigenza e toglierle significa aumentare i consumi e riavviare un circolo virtuoso che da quelle parti sembra rallentare. Quindi, per la classe dirigente cinese la crescita sta davanti alla battaglia sul clima. Punto e basta.
Certo, bloccano le auto più inquinanti a Pechino e nelle altre grandi città, ma quando si tratta di far girare l’economia se ne fregano dei gradi centigradi. Una posizione netta, ma più onesta di chi fa finta di crederci e continua a farsi gli affari propri, a perseguire i propri interessi senza neanche incontrare molte critiche. Anzi, alcune volte assurgendo a portavoce degli ambientalisti, icona del green, esempio virtuoso da seguire.
L’esempio più recente è quello della corsa privata allo spazio che vede tra i protagonisti Elon Musk di Tesla e Jeff Bezos di Amazon. Il primo, soprattutto, porta all’occhiello la sua auto a zero emissioni. Ebbene la Ong Oxfam, in collaborazione con l’Institute for European Environmental Policy e lo Stockholm Environmental Institute, ha calcolato che un singolo volo spaziale inquina quanto il miliardo di persone più povere del mondo nel corso della loro vita. O detto in modo più specifico: le emissioni di CO2 prodotte da ogni singolo per un volo spaziale di solo 11 minuti sono pari ad almeno 75 tonnellate, secondo le stime del rapporto di Lucas Chancel, mentre le persone del miliardo più povero del mondo emettono meno di una tonnellata di CO2 l’anno. Per fare un altro esempio, il “voletto breve” di una manciata di multimiliardari “inquina” come l’uso della vostra auto a benzina per otto anni. La gente normale deve cambiare l’auto e comprarne una che non è adatta alle proprie esigenze, mentre chi ha soldi da buttare può continuare a inquinare, o meglio a emetter sostanze climalteranti, come gli pare.
Elon Musk è protagonista di un’altra telenovela che non fa onore alla sua immagine super green: quella dei bitcoin. Prima li compra e li fa comprare a Tesla, poi li accetta come pagamento dell’auto, poi li vende, guadagna, e ci ripensa: non si possono più usare per comprare un’auto elettrica, forse. O, almeno, eravamo a questo punto quando ci siamo stufati di seguire la questione. Peccato che il mining dei bitcoin consumi una quantità di energia spropositata e che questa energia venga prodotta per almeno di tre quarti con combustibili fossili, carbone, petrolio, gas naturale. Ma cosa intendiamo per “spropositata”? Qualcosa come 145 TWh l’anno, quasi tre volte il consumo complessivo della Svizzera, il doppio del Bangladesh dove vivono 165 milioni di persone e molto di più della intera Norvegia.
I calcoli sono ardui, ma produrre i 120 TWh di energia da fonti fossili ha mandato in aria qualcosa come 50 milioni di tonnellate di CO2 che equivale all’emissione di 50 milioni di veicoli per un anno, diciamo tutte quelle che circolano in Italia. Chi di voi ha dei bitcoin in portafoglio può cominciare a sentirsi in colpa, ma in ogni caso non lo sarà mai quanto i super ricchi della Silicon Valley che stanno cavalcando questa moda da anni. Questi ultimi hanno la coscienza sporca anche per quanto riguarda i consumi delle proprie aziende. Google che si prende dalla rete elettrica 5TWh all’anno ha deciso di compensare le proprie emissioni comprando certificati verdi, Apple ha annunciato l’anno scorso di essere alimentata al 100% da rinnovabili, anche se non lo sono i suoi fornitori, mentre di Amazon, quella che inquina di più tra le Big Tech con oltre milioni di tonnellate l’anno, non si hanno notizie.
È una sorta di gioco al massacro perché tutto ciò che facciamo, da una corsetta a una pastasciutta, dal vedere una serie in tv a un lavaggio di panni, altera il clima emettendo CO2, direttamente o indirettamente. Ma il conto lo paghiamo solo noi.
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