Da tempo scriviamo sulla problematica degli “italiani fasulli” che ora, finalmente, dopo quasi 6 anni sta occupando le cronache dei media nazionali per un altro caso, l’ennesimo, accaduto nel comune di Lauriano, in Piemonte, nel quale, dal 2019, si stanno conducendo indagini della Procura di Ivrea, che implicano responsabilità da parte sia della Sindaca del paese, Matilde Casa, che della responsabile dell’ufficio anagrafe del Comune, agenti intermediari per un totale di otto persone, in un giro di cittadinanze false che coinvolge ben 67 brasiliani.
Secondo le indagini, queste persone sono iscritte all’anagrafe degli italiani all’estero e vivrebbero però in una struttura B&B chiamata Cascina Colombaro: il bello è che nessuno dei presunti cittadini coinvolti ci ha mai passato una notte.
Tra di essi figurano pure i nomi di diversi campioni brasiliani dello sport, come l’attaccante dell’Arsenal Gabriel Martinelli o il nazionale di palla a mano José Guilherme De Toledo. Per la Procura eporediense queste persone, al fine di ottenere la cittadinanza, avrebbero versato somme tra i 1.500 e 10.000 euro onde potere, attraverso lo “ius sanguinis”, trovare dei discendenti italiani e avere la tanto ambita cittadinanza.
I lettori del Sussidiario conoscono da tempo queste procedure, che hanno alimentato da anni un traffico notevole, aumentato a dismisura in questi ultimi anni, di sedicenti organizzazioni che, operando sul web, vendono questa possibilità coinvolgendo in manovre poco pulite le autorità di interi Municipi.
La cosa che ha dell’incredibile è che si continui a tergiversare su una vicenda che ormai non solo dura da anni, ma che poi provoca danni incalcolabili a livello istituzionale, perché la “confusione” che regna sovrana ed è basata su di un decreto giolittiano del 1893 totalmente fuori dal tempo e illogico ai nostri giorni, produce effetti gravi quali, per esempio, il fatto che per un appuntamento presso il nostro Consolato di San Paolo del Brasile bisogna attendere ben.. 11 anni!
Si intasano le sedi consolari, ma non solo: come abbiamo appena visto pure le Anagrafe di vari Comuni italiani sono invase da cittadini in gran parte sudamericani alla caccia del famoso certificato del trisavolo di turno che permette l’ottenimento del passaporto che poi viene usato come strumento per accedere ai Paesi Ue o agli Usa senza visto.
Nel caso specifico la PM Valentina Bossi sta cercando di fare luce sulla vicenda. Dalle carte emergerebbero dei doni fatti alla responsabile dell’anagrafe (in primis una collanina d’oro) e alla Sindaca (un pc per la biblioteca). Ma nessuno dei brasiliani avrebbe potuto ottenere la cittadinanza perché non residenti in Italia e per tutte le omissioni sui controlli in tutto l’iter.
Tutta la questione degli italiani all’estero è di fondamentale importanza per cercare di risolvere il problema di un Paese che ha estremamente bisogno si di una fonte di immigrazione, ma organizzata e rispondente alle sue esigenze: invece qui si inventano progetti, come quello del “turismo di ritorno” che rischiano di trasformarsi in un mezzo per incentivare un fenomeno irregolare anche perché mancano del requisito fondamentale per gestire la questione: un processo di inserimento che parte non solo da una ricerca profonda di risorse adeguate, ma anche la loro istruzione (a partire dalla lingua) che li aiuti nel difficile compito di trasferirsi in Italia. Paese, lo ripetiamo, che prima dovrebbe risolvere le diverse e pesantissime problematiche attuali che lo rendono (al contrario dei proclami sull’appeal italiano che vengono strombazzati a destra e a manca) poco appetibile nella sostanza a un cambiamento di vita positivo da parte dei richiedenti.
E così invece quello che continua a proliferare è un mercato irregolare quando invece nel nostro Paese esistono da sempre associazioni di italiani nel mondo che, sebbene legalmente dovrebbero essere al centro di un processo importante come quello descritto, vengono mantenute fuori favorendo invece formazioni politiche di italiani che sorgono all’estero e che purtroppo sono importanti ai soli fini elettorali, protagoniste spesso dei più patetici brogli accaduti nelle elezioni.
Perché qui sta il problema: o si capisce una volta per tutte che il voto come merce di scambio di favoritismi politici se continua così provocherà danni ancora maggiori al Paese e che il diritto alla nostra cittadinanza deve essere regolato da criteri seri e in sintonia con i tempi (difficili) che stiamo attraversando, oppure si continua così come si sta facendo con un sistema che (e lo si vede benissimo in molti altri settori) porterà alla fine della Repubblica e alla trasformazione di una nazione in un viceregno al servizio di altri Paesi. E questo nonostante siano a disposizione innumerevoli risorse non solo a livello di cittadini, ma anche di personale in grado di organizzare le cose nel verso giusto. Ma purtroppo la nostra politica, lo ripetiamo, è uno Stato nello Stato che dista anni luce dalla situazione reale di un’Italia che va sparendo.
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