Il cambio euro/rublo ieri è sceso per la prima volta dall’inizio del conflitto sotto 100 sostanzialmente annullando le perdite delle ultime settimane. Partito poco sotto 90, a fine febbraio prima dell’inizio delle ostilità, il rublo si è indebolito fino a 150 di inizio marzo e ieri sera invece era sotto 97: una svalutazione del 10% rispetto a sanzioni che per ora hanno risparmiato solo l’arma finale dello stop agli acquisti di gas e petrolio.
Il recupero della valuta russa riflette gli accordi che sono stati finalizzati, per esempio ieri con l’India, per la vendita di idrocarburi in un contesto globale di scarsità di materie prime dopo quasi un decennio di sotto-investimenti. L’economia russa poi rimane legata, in particolare, a quella cinese che continua a scambiare liberamente con l’Occidente. I legami rimangono con tutto il sud-est asiatico, l’America latina e l’Africa. L’isolamento economico internazionale della Russia nei fatti non è avvenuto sia per le risorse di cui il Paese dispone e che oggi sono particolarmente “ricercate”, sia per i legami che sono rimasti con pezzi importanti, la Cina su tutti, dell’economia globale. È interessante che il recupero della valuta sia avvenuto non solo nei confronti dell’euro, ma anche del dollaro.
Se il mercato e gli investitori pensassero cose diverse o assumessero un cambiamento di scenario nel breve medio termine questo recupero non sarebbe stato possibile. La lira turca “ipersvalutata” nel quarto trimestre 2021 non ha conosciuto recuperi nemmeno lontanamente paragonabili. Queste constatazioni sono fondamentali per inquadrare il problema di una guerra economica con la Russia e il compito, immane, che l’Occidente e l’Europa ha di fronte nel caso le sanzioni dovessero rimanere o addirittura inasprirsi con il blocco di gas e petrolio.
Il secondo fatto che si deve sottolineare è il decremento dello spread Btp-Bund che si è avuto dall’inizio della guerra. È un movimento singolare perché in tutte le fasi che hanno messo in discussione la crescita economica, si pensi all’inizio della pandemia, il mercato ha punito i Paesi indebitati e premiato quelli più solidi. Il decremento dello spread è avvenuto per l’esplosione dei rendimenti tedeschi. Lo spread è sceso e il rendimento del decennale italiano è salito rompendo una correlazione che durava da almeno quattro anni. È il segnale dell’impatto che queste sanzioni hanno sull’economia tedesca che è la prima economia e la prima manifattura d’Europa. È una conferma della tesi che il “Pil” fissa una ricchezza fatta di imprese trasformatrici che viene messa in grande discussione da uno shock energetico che colpisce i prezzi e in futuro rischia di coinvolgere anche la disponibilità.
Quando si misura l’impatto delle sanzioni contro la Russia calcolando il Pil delle parti coinvolte bisognerebbe chiedersi cosa rimane di quel Pil senza gas e elettricità. Anche in questo caso si conferma che l’Europa non può vincere la guerra economica senza gas e senza energia e che per svincolarsi servono molti anni di investimenti e accordi commerciali.
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