A sentir parlare economisti e politici (di tutti gli schieramenti), appare evidente come non tengano conto del quadro generale, quello relativo agli ultimi decenni. E purtroppo i media del mainstream li assecondano, evitando domande scomode, quasi fosse un esercizio proibito scomodare chi governa a dare spiegazioni.
Ebbene, il quadro generale, di cui occorre necessariamente tenere presente quando si parla di economia, è evidenziato, per esempio, dal seguente grafico del Pil italiano dall’Unità dell’Italia (1861) a oggi.
In altre parole, la crisi economica attuale è più grave e più duratura di quella avutasi durante la Seconda guerra mondiale.
Altro grafico, altro esempio. Ora parliamo di produzione industriale, però facendo vedere di come si riesce a ingannare chi legge (o chi vede la televisione). Ecco la produzione industriale di questi ultimi anni.
Dopo un calo del 45% dovuto ai lockdown, è risalita del 75% l’anno dopo, quindi tutto bene no? No, perché i valori percentuali evidenziati in questo modo ingannano, come si vede dal seguente grafico che riporta i valori assoluti, presi su un periodo più ampio.
Di fatto, dall’introduzione dell’euro nel 2001, non è più cresciuta, fino al brusco calo dalla crisi del 2008. Il grafico precedente dice solo questo: se si passa da 100 a 55, si ha un calo del 45%. Se poi da 55 si aumenta del 75% si arriva a 96,25, cioè un livello inferiore a quello di partenza. Questo vuol dire che il trend negativo sta continuando e le politiche scellerate dei Governi Conte (1 e 2) e accentuate dal Governo Draghi stanno continuando, sotto la “sapiente” direzione del ministro dell’Economia Giorgetti, che non è un luminare dell’economia, ma ha il “pregio” di essere un amico e seguace di Draghi.
Tutto il resto (dal Reddito di cittadinanza fino alla sua abolizione) è solo fumo negli occhi per gli ignari. E di questo fumo negli occhi fanno parte anche le sanzioni alla Russia, quelle che dovevano mettere in ginocchio l’economia di Mosca (la cui bilancia commerciale è passata da un attivo di 120 miliardi a un attivo di circa 250) e invece ha messo in ginocchio quella europea in generale e quella italiana in particolare, in virtù della sua sensibilità all’aumento del prezzo del gas.
Continua di fatto il piano di Monti, quello che affermò nel 2011 “stiamo facendo un ottimo lavoro, stiamo distruggendo la domanda interna” cioè l’economia reale. Lo stesso piano portato avanti da Letta, poi da Renzi (che distrusse la sanità e la scuola), poi da Gentiloni, poi da Conte (che ha inferto un colpo mortale all’economia con inutili lockdown) e Draghi (che ha continuato l’opera con le altrettanto inutili e dannose sanzioni).
Ora il Governo Meloni non ha fatto nulla di diverso in tema di sanzioni. Tutto il resto sono bruscolini. E la cartina tornasole di quanto ha fatto è molto semplice ed evidente: gli elogi ricevuti a livello internazionale in ogni sede, sia europea che non. Anche lei alla fine, dopo aver ricevuto il mandato dagli elettori soprattutto in virtù della sua opposizione al Governo Draghi, per ora non ha fatto nulla di diverso.
L’ultimo grafico rende evidente tutto ciò e la sua origine. Il grafico del debito italiano.
Si vede chiaramente il debito esplodere dopo il 1981, cioè dopo il divorzio tra ministero del Tesoro e Banca d’Italia, cioè quell’atto col quale Bankitalia smetteva di acquistare i titoli di Stato, di fatto mettendo il prezzo di questi titoli nelle mani della speculazione internazionale. Quello fu l’atto preliminare a tutta la costruzione della moneta unica, per cui tutti i passaggi successivi sono soltanto passi in avanti dello stesso piano.
Il motivo fondamentale per cui da dodici anni scrivo articoli qui sul Sussidiario e per cui ho scritto il mio ultimo libro “Eurodelirio” è la necessità di far conoscere questi elementi fondamentali, senza i quali non si riesce a comprendere perché siamo in crisi e perché non ne usciamo più.
Potremmo uscire dalla crisi uscendo dall’euro, per rompere questo meccanismo infernale. Ma potremmo uscire anche senza uscire dall’euro, con altri mezzi pseudo monetari, come il tanto vilipeso “superbonus 110%“. Ma questa è un’altra storia, di cui magari parleremo la prossima volta.
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