Caro direttore,
mentre in Senato si srotolavano le ore drammatiche della crisi di governo, è passato ovviamente quasi inosservato l’atto conclusivo della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza”. Com’era lecito attendersi, è stato formalizzato l’invito “ad agire come i padri costituenti, che all’abominio delle leggi razziali volute dal fascismo risposero con gli articoli della Costituzione”. “La risposta più forte che la politica possa dare contro i discorsi d’istigazione all’odio – scrive Liliana Segre, la senatrice a vita promotrice della commissione – è in primo luogo attuare la Costituzione, promuovere leggi d’inclusione, che estendano diritti sociali e civili, che sono tutt’uno e si rafforzano vicendevolmente”.
L’impegno civile della 91enne Segre – reduce da Auschwitz – è stato dunque mantenuto, realizzato, definitivamente confermato. Sarebbe un grave torto se – prima o poi – il Parlamento non approvasse una “legge Segre”: declinata su qualche tema forte sollevato dalla commissione (ad esempio il contrasto alle fake news e all’uso distorto dei social media).
Ma forse la senatrice un torto lo ha già subito: è quello di veder compiersi in sordina – e ridursi per ora a una ponderosa relazione parlamentare – un evento politico nato con ben altra risonanza, nell’affanno della maggioranza giallorossa nel momento di massima avanzata elettorale della Lega. Ma era stata proprio la senatrice in persona a interpretare personalmente in aula il “ribaltone” estivo di tre anni fa: l’espulsione della Lega dalla maggioranza e la formazione del Governo “giallorosso” erano una risposta strategica alla supposta “cultura dell’odio” incarnata dal leader leghista Matteo Salvini. Il “caso Segre” venne com’è noto montato mediaticamente attraverso una notizia infondata: un presunto “bombardamento” di hate-mail alla senatrice.
La nascita della commissione contribuì alla difficile “ultima difesa” del centrosinistra alle amministrative del gennaio 2020 in Emilia-Romagna. Poi la pandemia ha cancellato anche quel momento di vita parlamentare. Salvo riemergere – con enorme fatica – in un ennesimo affanno politico: quello del Governo di unità nazionale e forse della legislatura stessa. Di un “ddl Segre contro l’odio” non si è mai neppure parlato: nemmeno sui media che avevano tenuto il caso in prima pagina per settimane.
Forse il problema è analogo a quello di iniziative politiche come il ddl Zan o lo ius scholae: questioni di grande rilievo civile e sociale, in sé certamente meritevoli di massima attenzione politica, vengono regolarmente strumentalizzati in modi divisivi e con esiti nulli.
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