Il neo Presidente argentino Javier Milei ha dichiarato qualche settimana fa di voler disimpegnare lo Stato da Aerolinas Argentinas trasferendola ai lavoratori ed è l’idea più geniale che gli potesse venire in mente. Se il nostro Governo avesse fatto lo stesso all’epoca di Alitalia, oggi i sindacati si starebbero facendo la guerra per gestire la compagnia aerea di bandiera e non si scannerebbero per mettere uno piuttosto che un altro pilota ai comandi di un aeroplano.
La recente elezione di Javier Milei come Presidente dell’Argentina segna un momento di svolta per Aerolineas Argentinas, la compagnia di bandiera della “Selección” per usare un termine calcistico. Milei, che è un ultra-liberista, ha espresso l’intenzione di far uscire lo Stato dalla gestione del vettore, proponendo di trasferirne il controllo direttamente ai lavoratori, e quindi ai sindacati, e di permettere alla compagnia di competere con altre linee aeree in un contesto di mercato più competitivo, quello di “open skies”.
Il neo presidente argentino ha quindi intenzione di “donare” il vettore ai dipendenti e di lasciare che siano loro stessi a organizzarsi e iniziare a competere attraverso una politica più libera nel mercato del trasporto aereo mondiale. E questa donazione potrebbe essere la giusta soluzione a un problema che attanaglia la compagnia aerea da anni e che la vede da sempre in profondo rosso.
Secondo gli esperti, questa proposta potrebbe essere molto vantaggiosa per tutti. Infatti, il personale delle compagnie aeree, specialmente quelle storiche come Aerolineas Argentinas, è estremamente qualificato e se lasciato libero di agire nel modo più efficiente possibile, quindi libero dalla contaminazione politica, non solo potrebbe attrarre nuovi capitali, ma rendere il vettore estremante profittevole.
Questo piano di Milei segue un lungo periodo di difficoltà per Aerolineas Argentinas, che dal 2008, quando lo Stato ne ha assunto il controllo, ha registrato perdite per quasi 10 miliardi di euro, senza mai raggiungere un utile di bilancio. Lo Stato argentino per decenni ha foraggiato la compagnia è l’ha tenuta in vita fino a oggi, ma purtroppo non è riuscito a risolvere i problemi strutturali e più profondi del vettore, come l’inefficienza operativa e l’alto livello di indebitamento, ma anche l’alta sindacalizzazione esistente nella compagnia.
E quindi la proposta di lasciare la compagnia proprio in mano ai sindacati potrebbe essere un’opzione interessante per diverse ragioni: in primo luogo, i dipendenti, grazie alla loro esperienza diretta, hanno una profonda conoscenza delle dinamiche operative specifiche del settore aeronautico che potrebbero tradursi in una gestione più efficace e mirata del vettore; inoltre, l’affidamento della gestione ai sindacati potrebbe aumentare il senso di responsabilità e il coinvolgimento dei dipendenti, motivandoli a lavorare per il successo dell’azienda e applicando un maggior controllo sulla gestione della compagnia e sull’operato dei sindacati stessi.
Questo approccio potrebbe anche ridurre l’influenza politica sulle decisioni aziendali, favorendo una gestione più improntata agli aspetti economici e operativi. Ma un modello di gestione cooperativa, potrebbe anche migliorare l’efficienza e la soddisfazione dei lavoratori e, infatti, la teoria su questo tema ci viene in aiuto perché ci dice che quando i lavoratori hanno un interesse diretto nel favorire il successo di un’azienda, questo può portare a prendere delle decisioni più orientate a orizzonti di lungo periodo con investimenti importanti sia sulle infrastrutture, ma anche risorse umane.
Ma se questo modello lo avessimo applicato anche in casa nostra con la vecchia Alitalia? Diciamo che i sindacati “nostrani” non avrebbero mai potuto accettare una soluzione del genere. Farsi coinvolgere nella gestione di un’azienda pubblica così delicata come la compagnia aerea dello Stato, da sempre sotto i riflettori dell’opinione pubblica, sarebbe stato per le organizzazioni sindacali un vero suicidio politico e mediatico.
I sindacati italiani sono sempre stati molto bravi a cercare di gestire Alitalia, nelle e dalle retrovie, trovando di volta in volta l’anello debole della catena, spremendolo come fosse un limone, ottenendo privilegi e benefits per poi abbandonarlo a se stesso una volta che fosse stato spremuto fino all’ultima goccia utile.
Per capire meglio quali siano questi benefits possiamo provare a fare un esempio e immaginiamo per un secondo che nella compagnia aerea “XYZ” durante le festività, quindi in un periodo di alta stagionalità dove le problematiche negli aeroporti sono molteplici e serve un occhio più vigile sulle attività operative, uno dei più alti dirigenti di questa compagnia, un pilota ad esempio, invece di restare a lavorare nel suo ufficio, prende e decide di mettersi in servizio e va ai comandi di un volo per una destinazione esotica. Per questioni di avvicendamento ci resterà lì per almeno 7 giorni. In questo non ci si trova nulla di strano: invece di restare a lavorare in ufficio si mette in servizio per effettuare un volo di lungo raggio lasciando in ferie chi ad esempio desidera passare le vacanze con la famiglia. Sembrerebbe una cosa lodevole… Ma se nell’equipaggio c’è anche la fidanzata di questo dirigente/pilota che guarda caso è anche lei un’assistente di volo, dipendente della stessa compagnia, e viaggiano, seppur in servizio, a spese della società in una bellissima località di mare, ecco che questo potrebbe essere visto come una sorta di benefit occulto.
Se poi lo stesso dirigente concede, durante lo stesso periodo, ad altri tre piloti che appartengono a delle importanti sigle sindacali di mettersi ai comandi di un volo, uno alla volta del Brasile, uno negli States e l’altro in un’altra isola esotica dell’Atlantico, sempre con le rispettive fidanzate moglie ecc. al seguito, dato che anche loro sono tutte assistenti di volo della stessa compagnia, e tutte vengono messe in servizio in modo da trascorrere con i rispettivi un po’ di giorni di vacanza, il tutto sempre a spese della compagnia e se poi aggiungiamo che su queste destinazioni ci vanno sempre gli stessi equipaggi, diciamo la questione comincia a prendere una piega diversa dalla semplice casualità e si comincia a capire da dove partono i benefits per i sindacalisti.
Figure del genere non solo non dovrebbero essere messe nelle condizioni di ricoprire ruoli chiave all’interno di una compagnia aerea, ma gli atteggiamenti da parte del sindacato che accetta una tale gestione della cosa pubblica comportano dei seri problemi ai turni e all’operativo, e generano anche un forte malcontento generale da parte dei dipendenti che poi ovviamente lavorano malvolentieri con ricadute negative anche verso i passeggeri che di conseguenza sono portati a pensare che i dipendenti di una compagnia aerea di Stato siano tutti strapagati, raccomandati e dei fancazzisti.
Se pensiamo che oggi in ITA, la ex Alitalia e attuale compagnia di bandiera del nostro Governo, i sindacati hanno in mano circa il 50% dell’azienda e quel 50% fa riferimento all’area tecnica/volo, si può comprendere che oggi la compagnia è in parte gestita indirettamente dal sindacato e quindi sarebbe molto difficile per Lufthansa, nell’ambito del dossier di privatizzazione, portare avanti la crescita di un vettore del genere senza dover approntare un certo ricambio dirigenziale.
E la dipendenza di una compagnia aerea dai finanziamenti statali è sempre stato un argomento controverso. Ma fino a che punto uno Stato ha interesse nel tenere in piedi una compagnia aerea di bandiera?
I prestiti o i cosiddetti aiuti di Stato benché autorizzati possono distorcere il mercato, creando le condizioni di concorrenza sleale tra le varie compagnie aeree. Inoltre, come sappiamo bene con il caso Alitalia, questa dipendenza può portare a inefficienze strutturali e di gestione all’interno della compagnia stessa, suggerendo che senza l’aiuto del Governo l’azienda non sarebbe in grado di sostenersi. L’idea del nostro Governo di mettere ITA in mano a Lufthansa segue proprio queste logiche. Un altro aspetto da non sottovalutare è l’impatto sulle finanze dei contribuenti: i finanziamenti statali provengono dalle tasse, il che significa che i cittadini finanziano indirettamente un’azienda che non ha in questo modo nessun interesse a essere gestita in modo efficiente dato che ci sarà sempre lo Stato a coprire i buchi di bilancio anche se ora in Europa sappiamo che questa pratica è molto più difficile da attuare.
Com’era prevedibile, le reazioni dei sindacati argentini alla proposta di Milei sono state di totale chiusura e i segretari delle varie organizzazioni sindacali hanno definito il piano di privatizzazione un “certificato di morte” per il vettore, sottolineando come Aerolineas Argentinas non possa sopravvivere senza il sostegno pubblico, e hanno espresso delle serie preoccupazioni sul futuro della compagnia e di tutto il settore aeronautico nazionale sotto l’attuale amministrazione.
E i nostri sindacalisti cosa avrebbero risposto a una proposta del genere? Si accettano scommesse…
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