Nella primavera scorsa Elon Musk – il profeta dell’auto elettrica e dei voli su Marte – ha dovuto lasciare la presidenza della sua Tesla. Lo ha preteso la Sec, dopo un tweet oltre la linea rossa sul futuro del titolo del gruppo a Wall Street. Pochi mesi prima era diventato virale un podcast in cui Musk fumava (legalmente) marijuana durante un’intervista. Già allora i grandi investitori in Tesla – che non ha ancora chiuso un bilancio in utile – avevano cominciato ad alzare entrambe le sopracciglia sullo stile comunicativo del patron.



Roberto Gualtieri non sembra avere nulla in comune con l’imprenditore di Palo Alto. Il nuovo ministro dell’Economia italiano è uno storico marxista europeo, antropologicamente lontano dal capitalismo visionario e ruggente. E se un suo momento informale è finito in rete, si è rivelato la classica eccezione che ha confermato la regola: Gualtieri vi è comparso strimpellando l’austero inno d’ordinanza dei partigiani comunisti.



Tra il former chairman Musk e il current minister Gualtieri sembra non mancare qualche significativo trait-d’union sul fronte della comunicazione “sensibile” riguardo titoli quotati sui mercati finanziari. Al Mef italiano fanno capo, infatti, oltre 2,3 “fantastiliardi” (“trilioni” yankee, migliaia di miliardi di euro) di debito pubblico italiano: molto più dei 43,5 miliardi di dollari di valore corrente al listino dell’iconica start up della Silicon Valley.

Nel giro di quattro giorni Gualtieri è stato protagonista di almeno tre momenti di comunicazione sensitive sui conti italiani, di cui è istituzionalmente responsabile verso i mercati e verso le autorità Ue.



Domenica pomeriggio, intervistato per la Rai da Lucia Annunziata, il ministro ha detto che il NaDef – la bozza di manovra 2020 in approvazione il giorno dopo da parte del Consiglio dei ministri – era assestato e avrebbe contemplato una “rimodulazione dell’Iva”.

Nella sera di lunedì, il ministro è comparso nella sala stampa della Presidenza del Consiglio a fianco del premier Giuseppe Conte. Il quale ha ripetuto, in prima persona, la secca smentita-flash di poche ora prima: il NaDef era regolarmente in viaggio verso Bruxelles, ma il disinnesco delle clausole di salvaguardia Ue non avrebbe comportato ritocchi di qualunque natura alle aliquote Iva.

Ieri mattina, il Corriere della Sera apriva la prima pagina con questo virgolettato: “Conti, servono 14 miliardi”. A dirlo – in un’intervista – era lo stesso Gualtieri.

Nelle quarantott’ore precedenti il suo collega Roberto Speranza aveva – autonomamente – inondato i media con semi-indiscrezioni in continuo progress sul riordino dei ticket sanitari. Nelle ore successive all’ultima esternazione di Gualtieri, da Palazzo Chigi sono giunti segnali di raffreddamento sul rincaro dell’assistenza sanitaria (per gli imponibili medio-alti a reddito fisso) e di rilancio del taglio “gretino” degli sconti fiscali sui carburanti diesel (a danno delle partite Iva).

La nota propedeutica del governo al disegno di legge di stabilità 2020 – la manovra vera e propria – è atteso in Parlamento a metà mese. Gualtieri ha quindi ancora una buona decina di giorni per convincere gli italiani che il suo “stile di comunicazione” è molto diverso da quello del fondatore di Tesla. Nel frattempo – a parecchi fra i giornalisti che lo intervistano – potrebbe essere lui a chiedere: chi è stato mai – nei giorni della crisi di governo – a “comunicarvi” che con il mio arrivo in Via XX Settembre l’Italia sarebbe stata autorizzata a portare al 3% il rapporto deficit/Pil?