Un luogo comune dice l’economia una scienza triste, quando ne leggi e ti diverti, magari ti accalori e prendi pure spunti: fiuuu. Leggi tutto d’un fiato tra bufale, “Pachidermi e Pappagalli”; un bestiario che fa il verso alle bestialità che senti in giro.

Carlo Cottarelli non le manda a dire, le dice pure al telefono a quelli di “La nuova provincia”: «Le bufale in campo economico possono portare a scelte economiche sbagliate che ricadono su tutti, ma anche a incolpare per i nostri problemi qualcun altro, magari Soros, la Francia, la Germania o i cosiddetti poteri forti. Se io credo a certe bufale rischio di non fare le riforme necessarie a far ripartire il Paese o, peggio, a intraprendere soluzioni sbagliate, come uscire dall’Europa».



D’accordo con lei Prof, si rende necessario andare a vedere se, chi le diffonde, conosca o meno la materia di cui parla. Vero, oggi in Italia tutti sono economisti, come tutti si sentono allenatori della nazionale di calcio, ma anche gli economisti non sono tutti uguali e non tutti hanno le stesse idee. Però è necessario leggere le fonti, approfondire, non accontentarsi di quello che ci viene detto.



Prof, mi scusi, non sono economista; economaio, invece, che studia quell’economia dei consumi e che, a furia di studiare, ne ha redatto il Trattato. Nel trattarlo mostro un pertugio, tra una strutturale sovraccapacità delle imprese e un affrancamento dal bisogno dei consumatori, dove sta ficcata un’altra bufala che grida vendetta: quella dei “produttori che producono ricchezza”. Nella spesa aggregata, che la misura, v’è traccia, quando v’è, solo di 1/5 riferito alle imprese; quella prodotta dai consumatori, oltre i 2/3.

Bufala che nasconde i connotati della mancata crescita e che oggi i dati pubblicati dalla Bce evidenziano come una crescente spaccatura nell’economia del blocco Ue. La crescita dei prestiti alle imprese cala al 3,2%, ai minimi da due anni; i prestiti alle famiglie accelerano al 3,7% dal 3,5%, la migliore rilevazione in 11 anni.



Siamo alle solite Prof, quella misera crescita fatta con i fichi secchi del debito, al quale i pur affrancati dal bisogno non si sottraggono, fa della “stagnazione secolare” non una teoria, quanto invece una triste, sconsolante evidenza empirica.