Nello stagno l’acqua ristagna. Il reddito disponibile delle famiglie italiane nel 2013 è rimasto ai livelli di 25 anni fa; l’Ufficio Studi di Confcommercio evidenzia che, in quello stesso anno, il reddito disponibile risultava pari a 1.032 miliardi di euro, rispetto ai 1.033 del 1988. Quand’oggi ancora più ristagna: olezza!
Il centro studi di Confindustria, dopo sette anni e il naso chiuso al fetore, getta invece l’esca: la spesa degli over 65 è “ampia” e “in aumento”: vale circa 200 miliardi di euro, quasi un quinto dei consumi delle famiglie italiane e raggiungerà il 30% nel 2050. Nell’attesa che qualcuno abbocchi, questi studiosi commentano: rispetto a un decennio fa gli anziani sono in grado di generare una domanda potenziale maggiore, crescente e diversificata anche considerato che la loro situazione reddituale e finanziaria è più solida e più stabile rispetto alle altre classi di età e ha risentito poco della lunga crisi economica. “Catturare questa domanda potenziale è un’opportunità che le imprese non possono lasciarsi sfuggire”.
Poi rivelano: gli over 65 si caratterizzano per un consumo pro-capite medio annuo più elevato, 15,7mila euro (contro i 12,5 per gli under 35) e un reddito medio più alto, 20mila euro (a fronte di 16mila degli under 35). Inoltre, hanno una maggiore ricchezza reale pro-capite, 232mila euro (vs 110mila) e una solidità finanziaria superiore, con 1 anziano su 10 indebitato (a fronte di quasi 1 su 3 tra gli under 40). Da qui, secondo questi studiosi, gli anziani in salute rappresentano un segmento di consumatori appetibile per le imprese ed è per questo che diverse aziende stanno ritarando i propri prodotti, beni o servizi a misura di anziano.
Un momento signori, pure gli arzilli son costretti a ritarare quel loro avvizzito credito di ruolo che il tempo ha scosso. Sì perché, esperienti di un mondo che non c’è più, sono inesperienti in quello che c’è; incassano pure più del capitale umano e sociale speso; alfin, figli del “sacrificio”, renitenti a esser prodighi, trattengono quella spesa che fa la crescita mentre stressano, per età, quella pubblica per la sanità.
Per riaccreditarsi e ritararsi investono nella famiglia; ritirano la rendita, la redistribuiscono; si tengono il comodato d’uso della casa; il resto ai figli, magari in esoso affitto e portafoglio moscio. Paghette, che alleggeriscono il portafoglio, pure a destra e a manca ai nipoti senza portafogli mentre ai bis nipoti offrono asilo in casa. Ehi del CsC, attenzione! Se le imprese vogliono ritarare la sovraccapacità che le scrolla producendo merci a misura d’anziano rischiano, saltando da palo in frasca, di ritrovarsi ad aver ancora sovrapprodotto.
No, non ve la sto tirando, anzi sì. Mentre credevo di aver finito di divagare sui vostri intenti, arriva pure la smentita della ricchezza presunta affibbiata ai canuti: la Uil dice che il blocco dell’indicizzazione delle pensioni dal 2011 a oggi ha generato “danni gravissimi e permanenti” al potere d’acquisto di milioni di pensionati. In 9 anni una pensione di 1.500 euro lordi mensili nel 2011, ha cumulato una perdita complessiva pari a 74,03 euro al mese, ossia 962,39 annui; un pensionato con un assegno di 1.900 euro lordi mensili nel 2011 ha subìto nello stesso periodo un mancato incremento di circa 1.378,83 euro lordi annui.
Meditate gente, meditate!