I grandi media ieri mattina davano massimo risalto polemico alla presta “fuga in avanti” della Regione Lombardia sulla riapertura post-emergenza al 4 maggio. Una scelta discutibile per contenuto e toni. Le vera notizia di mercoledì era stata la quasi-rottura nella maggioranza di governo sul ricorso al Mes, unita alla quasi-diffida della Banca d’Italia al Tesoro, in odore di lancio in corsa di Btp “argentini”.  Vedere comunque un tentativo di “secessione” (così la Stampa) dietro a un orientamento che collima perfettamente con quello dato in precedenza dal Governo è apparso forzato e strumentale Tanto più che, alla vigilia di Pasqua, il preannuncio di una riapertura realmente anticipata in Veneto, da parte del governatore leghista Luca Zaia, aveva registrato reazioni nettamente minori.



Pochissimo rilievo, nel lockdown post-pasquale, è stato invece dato sui media alle designazioni dei nuovi vertici di A2A: la multi-utility del Nord controllata dai comuni di Milano e Brescia. I due sindaci Pd – Beppe Sala ed Emilio De Bono – evidentemente non distratti dall’emergenza coronavirus che ha acceso nelle loro città focolai giganteschi e tuttora fuori controllo – hanno optato per un ticket dai connotati precisi. 



Il nuovo presidente di A2A sarà Marco Patuano, un intero cursus in Telecom Italia-Tim, fino a diventarne amministratore delegato; con un breve parcheggio successivo ai vertici di Edizione (la holding della famiglia Benetton, grande azionista di Atlantia oltreché della stessa Tim). Un manager cresciuto nell’antica ammiraglia delle aziende Iri, che – a dispetto di privatizzazione e “madre di tutte le Opa” – non è mai uscita veramente dall’ambito parastatale. E che – soprattutto in virtù del ruolo sempre dominante delle grandi banche nazionali e oggi di Cdp in funzione anti-Vivendi – è sempre stata tinta di centrosinistra. 



Un cammino per gran parte parallelo ha seguito il nuovo amministratore delegato di A2A, Renato Mazzoncini. Bresciano d’origine e laureato al Politecnico di Milano: ma poi professionalmente “romano”, dagli inizi in Ansaldo (allora Finmeccanica), fino alla carica di amministratore delegato delle Fs, una delle prime nomine pesanti del governo Renzi. Confermato dal governo Gentiloni, Mazzoncini è stato revocato dal governo Conte-1. Ora viene evidentemente ripescato da Sala e Del Bono nel quadro dell’impegno “partigiano” di affiancamento della strategia di “liberazione” del Nord leghista intrapresa con più decisione dal governo “del centro-sud” a maggioranza Pd-M5S.