Lungimiranza o incauta aspettativa? La notizia: i consumatori e le imprese italiane hanno ritrovato la fiducia dopo quattro mesi consecutivi all’insegna del pessimismo. Le motivazioni? Per le imprese il clima «torna ad aumentare trainato soprattutto dalle aspettative sulla produzione nel comparto manifatturiero, da quelle sugli ordini nei servizi di mercato e dalle attese sulle vendite nel commercio al dettaglio». Per i consumatori, invece, la ritrovata fiducia «presenta una dinamica positiva dovuta soprattutto ad opinioni sulla situazione economica del paese (ivi comprese quelle sulla disoccupazione) in deciso miglioramento, seguite da attese sulla situazione economica familiare e da opinioni sul risparmio (possibilità future) in ripresa».
Avete letto bene e vogliamo ribadirlo nuovamente riportando i tratti essenziali: «deciso miglioramento (situazione economica del paese)», ma, soprattutto, una «ripresa» che accomuna sia le attese sulla propria situazione economica famigliare che in ambito di risparmio (possibilità future). Queste le parti del “Commento” che si può consultare a margine del rapporto Istat diffuso ieri.
Il principale Istituto di statistica nazionale ha rilevato (rif. novembre) il miglioramento dell’indice del clima di fiducia dei consumatori e il medesimo indicatore composito delle imprese: il primo è salito a 98,1 rispetto alla precedente soglia pari a 90,1. Il secondo, invece, ha incrementato il proprio livello da 104,7 a quota 106,4.
Un ritrovato, e ancor più, inaspettato ottimismo soprattutto oggi che, all’indomani della definizione del Documento programmatico di bilancio, le forze politiche all’opposizione hanno già manifestato apertamente il loro dissenso sulla strada intrapresa dal nuovo Governo Meloni. Non solo. Infatti, questo “nuovo clima”, lo possiamo associare a una vera e propria notizia (inaspettata) se contestualizzata e paragonata a recentissime rilevazioni. Una in capo a tutte: la sfiducia (ormai superata) che si poteva apprendere dal periodico Bollettino economico (rif. 4) a firma di Banca d’Italia.
Sulle imprese veniva riportato: «Nelle valutazioni delle aziende intervistate nelle inchieste della Banca d’Italia, il pessimismo sulle condizioni per investire si è accentuato, tornando sul livello osservato agli inizi del 2020; secondo le opinioni raccolte mediante contatti informali dalle Filiali della Banca d’Italia, vi contribuirebbero l’incremento del prezzo dei beni capitali, l’aumento dell’incertezza e il peggioramento delle condizioni di accesso al credito». Inoltre: «Ciò nonostante la quota di imprese che si attendono un’espansione degli investimenti per il complesso dell’anno in corso continua a superare quella delle aziende che ne prefigurano una riduzione». Sul versante “famiglie”, sempre Banca d’Italia, riportava come «Secondo un nostro sondaggio sperimentale presso circa 1.700 famiglie condotto tra giugno e luglio, nei prossimi mesi le famiglie si aspettano di sostenere maggiori costi per beni alimentari ed essenziali e, in modo più marcato, per trasporti e utenze domestiche, che rappresentano una quota significativa dei consumi soprattutto per i nuclei meno abbienti». È assai evidente come sulla base di quanto emerso a ottobre un livello di miglioramento o di ottimismo non vi era traccia.
È pur vero che molto spesso gli umori cambiano e il trascorrere delle settimane può influenzarne la stessa evoluzione, ma tralasciando l’imminente e prossimo Santo Natale dove si cerca di essere “tutti più buoni” (che non vuole significare fiduciosi o ottimisti) anche nel più recente focus condotto dal Conference Board di Ert (European Round Table for Insustry) le risultanze erano all’unisono improntate a una visione negativa.
«La fiducia dei ‘ceo’ statunitensi è scesa a minimi mai visti dalla recessione del 2007-2009, da 42 a 32 rispetto a sei mesi fa. Al contrario, gli amministratori delegati con sede in Cina di società multinazionali statunitensi ed europee sono apparsi meno pessimisti sulle condizioni economiche attuali e future, con la misura complessiva della fiducia nella Cina che è passata da 34 ad aprile a 47 ora». E soprattutto: «Più di un terzo degli amministratori delegati e dei presidenti (34%) prevede di sospendere temporaneamente o ridurre i propri investimenti nelle attività esistenti. Il 15% intende farlo in modo permanente» (Radiocor). In questo sondaggio è opportuno sottolineare i soggetti che hanno palesato questa diffusa e profonda sfiducia ovvero: 59 rappresentanti (sia Amministratori delegati che Presidenti) delle più grandi società in Europa dove, per l’Italia, troviamo Rodolfo De Benedetti (Cir), Claudio Descalzi (Eni), Alessandro Profumo (Leonardo), Gianfelice Rocca (gruppo Techint).
Consolidando plasticamente questa opposta poliedricità di visioni il quesito sorge spontaneo: o gli italiani sanno qualcosa che sfugge agli altri, oppure quest’ultimi sono ormai prossimi a un più che probabile brusco risveglio in ottica futura. Sognano o son desti? Una possibile risposta potremmo ritrovarla in una celebre opera letteraria del 1899: l’interpretazione dei sogni. Ovviamente di Sigmund Freud.
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