Il fresco Nobel italiano per la Fisica, Giorgio Parisi ha choccato i deputati italiani che gli avevano appena tributato una “standing ovation” in Parlamento. Parlando a una manifestazione Pre-Cop 26, Parisi ha scandito testualmente: “Permettetemi di aggiungere una considerazione di natura economica. Il Prodotto interno lordo dei singoli Paesi sta alla base delle decisioni politiche, e la missione dei governi sembra essere di aumentare il Pil il più possibile, obiettivo che è in profondo contrasto con l’arresto del cambiamento climatico”.
Parisi non è certo il primo scienziato di gran nome a denunciare i rischi del global warming: una posizione condivisa da settori costantemente più ampi della comunità scientifica. E gli studi di fisica statistica per i quali il ricercatore italiano è stato premiato a Stoccolma lo autorizzano certamente a esprimere opinioni qualificate sul gioco delle pressioni e delle tensioni che mettono alla prova il “sistema climatico” del pianeta Terra in forme e modalità finora non conosciute.
Non è la prima volta neppure che uno scienziato di altissima reputazione rivendichi la libertà della scienza nei confronti del Mercato e del Potere. Albert Einstein – appoggiando il gigantesco sforzo del “complesso militar-industriale” americano nella Seconda guerra mondiale – lanciò subito l’allarme sull’uso bellico dell’energia atomica. E nella celebre “Vita di Galileo” di Bertolt Brecht è immortale il confronto fra il fisico e i funzionari della Repubblica di Venezia che gli garantivano libertà di ricerca e insegnamento, ma in cambio di studi di tecnologia marittima.
La “considerazione di natura economica” posta in termini brevi e assertivi da Parisi ha dunque radici lontane e profonde. Che tuttavia non sembra fuori luogo poter riannodare in questi termini, naturalmente dialettici: Parisi e i suoi colleghi avrebbero potuto – e potrebbero ancora oggi e potranno in futuro – sviluppare la loro esplorazione scientifica senza il traino “del Pil”? Enrico Fermi – il maggior esponente della scuola fisica romana di cui Parisi è certamente degno successore – avrebbe potuto imprimere una spinta decisiva alla scienza atomica in un contesto diverso dagli Stati Uniti del boom di fine anni ’30 (accentuato poi dall’economia bellica)?
Nessuno può dubitare che la scienza abbia oggi una responsabilità primaria e particolare nell’orientare le grandi scelte politiche: anzitutto sul clima. Ma neppure Greta – a quanto risulta – è mai giunta a suggerire la decrescita tout court come ricetta per garantire agli abitanti del pianeta terra un futuro migliore del presente e del passato (possibilmente più equo). Questa decrescita rischia di risultare felice solo per uno scienziato che sta festeggiando (meritatamente) l’assegnazione del maggior riconoscimento scientifico contemporaneo.
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