Toccati i 1.744 miliardi di risparmio. Lo rileva il rapporto dell’Abi che stima un aumento di 181 miliardi rispetto a gennaio 2020. Il dato tiene conto di tutti gli strumenti liquidi. Vien da dire che, in tempo di crisi, gli italiani continuano a risparmiare e accumulare liquidità nei conti bancari. Da un lato, pesa l’incertezza economica legata alla pandemia, dall’altro, le misure restrittive che riducono anche le spese delle famiglie. 



Sento già fischiettare di “domanda repressa”. Tutto vero, ma… c’è pure una quisquilia che, seppur non nominata, impone la sua cifra: l’affrancamento dal bisogno. Sì, vi è una parte del mondo, quello abbiente, dove il bisogno, vivaddio, attacca poco. Attacca molto invece che so… la moda quella fatta, per dirla con Coco Chanel, per passare di moda!



Bene. Se la determinazione del prezzo avviene attraverso la legge dell’utilità marginale decrescente, quanto varrà una maglia che, chiusa in casa, non potrò mostrare o il rossetto che la mascherina non farà vedere? Quanto varrà il lavoro del far maglie o del far rossetti? Quanto vorranno investire queste imprese per produrre l’invenduto, vieppiù passato di moda? Quanto, con questa penuria, potrà incassare l’Erario per pagare i servizi che eroga?

Et voilà, la maledizione dei benestanti: quella che si svela quando viene fatto il prezzo del superfluo dis-prezzando il lavoro fatto dagli altri. Sì, insomma, viene messa in stand by la spesa, quella riserva di valore necessaria all’intero sistema della produzione. Una risorsa, vieppiù scarsa.



Un momento, se benestanti si vuol restare, s’ha da dover spendere; se si vuol star pure bene al mondo domani e ancora dopo, con quei soldi messi al pizzo e una domanda fatta acconcia per correggere i misfatti inferti alla terra, lo si può fare; si deve!

L’occasione è ghiotta pure per rispedire al mittente quella vulgata sociologica che dice la spesa esser fatta da “gente prodiga e men che mai satolla”.

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