Quella che doveva essere una manifestazione di dissenso dei Repubblicani si è improvvisamente trasformata in un assalto al Congresso degli Stati Uniti da parte dei sostenitori di Trump. Giusto all’ora di punta dei TG della sera italiana, la TV, complessivamente, sembrava trasmettere una serie distopica di Netflix, tanto assurde e improbabili sono apparse le immagini di un evento davvero inimmaginabile.
Secondo l’esperta di Media Sandra Grifoni, dalle 21 alle 23, in ogni minuto 27 milioni di italiani hanno guardato la tv, sul televisore o sul tablet. Per una volta la tv ha avuto la meglio sul web, ma credo sia successo perché l’evento si è scatenato proprio al momento dei TG della sera.
Ma le immagini più drammatiche non erano quelle riprese dalle troupe televisive, tutte concentrate in una postazione poco favorevole poi distrutta dai manifestanti, ma quelle girate con gli smartphone all’interno del Campidoglio e poi diffuse dagli stessi occupanti. Se colpiva la violazione di un luogo sacro per la democrazia, il tutto sembrava piuttosto una carnevalata, anche a causa di molti strambi abbigliamenti, alcuni dei quali ricordavano le prime manifestazioni della Lega alle sorgenti del Po. Colpiva anche la debolissima reazione da parte della pochissima polizia presente, anche se la manifestazione era stata abbondantemente annunciata. E su questo si stanno scatenando le illazioni di chi sostiene che la polizia di Washington abbia lasciato correre alla ricerca dell’incidente.
Chi stava davanti alla tv ha certamente provato un forte sentimento di incredulo straniamento, analogo a quello provato davanti alle immagini delle Twin Towers distrutte dagli aerei.
Purtroppo ancora una volta il giornalismo televisivo italiani ha mostrato la corda: convocati d’urgenza in vivo o da remoto i soliti colleghi della carta stampata, i conduttori hanno dato il peggio di sé, interrompendo continuamente anche chi stava esponendo un pensiero sensato, in omaggio allo stereotipo del ritmo televisivo; e con i propri del tutto inutili, queruli e ripetitivi commenti. Inevitabilmente patetici gli inviati sul posto, molto lontani dal luogo degli eventi, costretti a inventarsi delle supposizioni o a basarsi sulle breaking news degli smartphone. Il peggio del peggio è stato raggiunto quando sono stati mandati in onda gli interventi di Biden e Trump, senza che ci fosse uno straccio di nessuno in grado di tradurre all’impronta o almeno di sintetizzare.
In tutti i collegamenti, la parola sicuramente più pronunciata, con enfasi e retorica, è stata democrazia. Mentre i principali social network decidevano di censurare i post di Trump. Ora, si può pensare tutto il male possibile delle sue guasconate e delle sue convinzioni sulle elezioni truccate, ma se dobbiamo supinamente accettare che siano i re dei social network a stabilire cosa può essere divulgato e cosa no, vuol dire che la democrazia è davvero giunta alla sua fine.