Dall’Inghilterra, applicata all’attuale crisi di Governo italiano, arriva una nuova definizione della nostra politica: “politainment“, fusione tra politics ed entertainement (politica e intrattenimento). Verrebbe da dire “da che pulpito viene la predica”, ma non possiamo dire che non sia vero. 



Fior di psicologi descrivono il nostro Parlamento come un teatrino dove si agitano marionette che rappresentano ben precisi caratteri. Ma più che il teatro delle marionette ricordano l’opera dei Pupi siciliani, che attraverso le loro storie riprendevano miti della letteratura e della leggenda. Ognuno di noi può esercitarsi a scoprire quali dei nostri uomini politici assomiglia di più al Conte Orlando, a Rinaldo, a Ruggero, ad Angelica, a Gano di Magonza. Quello che più rattrista però di questa osservazione è che le storie rappresentate non solo non hanno nulla di eroico né celebrano personaggi leggendari, in quanto è sempre più chiaro che i fili delle marionette/parlamentari non rimandano né agli elettori, né a un qualche ideale, sebbene la frase che ripetono tutti all’infinito è “stiamo lavorando per il bene del Paese”. 



Sempre più persone si accorgono che non è così, e che al momento l’unica bussola che li guida – come hanno fatto notare diversi editorialisti – è il mantenimento fino a fine legislatura di un non indifferente stipendio di circa 14.000 euro mensili, che mai e poi mai nella loro vita molti degli “scappati di casa” (la definizione è sempre presa dai giornali) e senza arte né parte, miracolosamente arrivati in Parlamento grazie a Grillo, potranno mai più pensare di guadagnare nella loro vita.

Mentre sto scrivendo si svolgono febbrili trattative per compravendite di senatori, ricerche spasmodiche di cosiddetti responsabili pur di non andare a votare, rimangiandosi ideali, visioni del mondo, proclami che è molto facile trovare in rete: “mai più con questo e con quello”, mentre ora si va a braccetto proprio con questo e con quello. Chi avesse la pazienza di ascoltare tramite i programmi dedicati gli interventi di deputati e senatori, scoprirebbe come anche persone che hanno sempre avuto una certa rispettabilità, si trovano costretti in questo frangente a dire tutto e il contrario di tutto pur di restare al potere. Naturalmente “per il bene del Paese”. 



La politica/spettacolo diventa poi puro spettacolo quando esonda nei talk show, in cui gli ospiti vengono scelti soprattutto per la loro capacità di trasformarsi in gladiatori dalla battuta tagliente, affinché il sangue possa scorrere in studio, così da far alzare l’audience. Di nuovo, l’obiettivo non è né la ricerca della verità, né la ricerca di soluzioni di governo, quanto la raccolta pubblicitaria in seguito a una buona audience. 

In questa politica/spettacolo c’è il tracollo della responsabilità sociale di un’intera classe dirigente, in particolare di quella politica e di quella dei media, che non hanno affatto come obiettivo, al contrario delle dichiarazioni, l’interesse del Paese. Al massimo quello di fare un pò di spettacolo. Che, a dispetto degli osservatori inglesi, non è per niente divertente. E che ben presto, per il pubblico e per il Paese, rischia di trasformarsi in tragedia.