In Parlamento si è tornati a parlare di Covid. Ne ha parla il ministro Schillaci e tutti cercano di capire quali siano le sue intenzioni in base alla gestione di questa nuova pandemia che attraversa la Cina in modo drammatico e che invece attraversa l’Europa in modo decisamente più soft.

Il ministro ha fatto in questi pochi mesi di governo dichiarazioni a volte contrastanti cercando di tenere insieme da un lato la necessità di rassicurare la popolazione e di garantire libertà di movimento e autonomia affrontando il Covid come un’influenza qualunque. Ma in altri momenti proprio il desiderio di proteggere il paese, il desiderio di mandare messaggi forti a coloro che sono più distratti o comunque coloro che sono più diffidenti, coloro che in qualche modo sono ancora negazionisti, ha voluto accentuare il tema del rischio. Quindi con la gestione del rischio la necessità di moltiplicare i momenti prudenziali.



Questo Covid ci sta sorprendendo tutti: sono ormai perlomeno tre anni che insidia le nostre case, che minaccia la nostra salute, che mette a rischio l’intero sistema sanitario perché da un lato ha fagocitato risorse a non finire e dall’altro anche le soluzioni offerte sono apparse necessarie ma non del tutto efficaci. Sussiste sempre il dubbio che ci possa essere una gestione diversa; che si possa far pendere la bilancia maggiormente dal punto di vista della libertà e della autodeterminazione dei cittadini. Oppure invece che questi cittadini vadano protetti, guidati, in un certo senso orientati, anche loro. Questa è la vera battaglia con cui il ministro Schillaci oggi si deve confrontare.



Che cosa significa oggi consenso informato? Che cosa significa che il malato sa e quindi decide in autonomia come gestire la propria salute? Oppure al contrario si deve assumere la prospettiva che il malato non sa e quindi tornare in qualche modo ad atteggiamenti di tipo paternalistico? Credo sia una sfida fondamentale con cui dovremmo misurarci molte volte nei prossimi anni, avendo come cerniera tutta la cultura del consenso informato e del principio di autodeterminazione.

Ma sapendo bene che dietro questo consenso informato non c’è mai né una pienezza di informazione né una vera maturità di decisione. Ci sono tanti italiani, 60 milioni! non tutti hanno quella cultura di base che permette loro di difendere se stessi e le persone che hanno vicino; non tutti hanno quella fermezza della volontà per cui, una volta vista qual è la decisione giusta, si persegue con determinazione il fine.



Il ministro Schillaci oscilla tra temi di sanità privata, che garantiscono la salute del singolo, temi di sanità pubblica, che obbligano a prendere decisioni anche di tipo impopolare. Schillaci, universitari, direttori di cattedra, presidi, rettori sanno che non è facile educare alla salute. Né gli studenti ne i pazienti… Educare alla salute è uno degli obiettivi di prevenzione più importanti dell’intero SSN. Ma la salute degli italiani ha una sua dimensione in cui gioca un ruolo importante la fragilità di una intelligenza che non capisce sempre tutto quello che la riguarda e la fragilità di una volontà che, potremmo dire che anche quando conosce ciò che è bene per lei, in realtà alla fine fa ciò che gli risulta più facile, più comodo.

In un certo senso non si preoccupa se da questo possa derivare un vero e proprio male per la salute propria e per la salute degli altri. Credo che Schillaci dovrà rendere conto con molta serietà della gestione della campagna vaccinale. Dovrà spiegare davvero perché alla quarta dose hanno avuto accesso un numero decisamente inferiore di persone. E non perché non ci fosse disponibilità di vaccini, ma semplicemente perché il rischio è stato sottovalutato come a volte accade quando gli stessi messaggi di prudenza e di minaccia durano troppo a lungo. È proprio questo il momento chiave in cui deve dimostrare di essere all’altezza del suo lavoro di ministro e di avere ben chiara la sua esperienza precedente di professore universitario, di preside, direttore, ossia di persona che alla salute degli altri a tutto campo ha dedicato un lavoro di formazione molto ampio intenso e profondo. Cose che non ci sono in questo momento.

L’informazione che raggiunge i cittadini in merito alla nuova forma di pandemia Covid è come al solito un’informazione frammentaria, contraddittoria, spesso anche per quella dialettica tra esperti che privilegia un certo narcisismo rispetto alla reale consapevolezza che i cittadini per sapere ciò che è veramente bene hanno bisogno anche di messaggi unitari. Però il tema dei vaccini su cui il ministro dovrà riferire in parlamento, include anche in modo importante il tema degli effetti secondari dei vaccini, il tema degli incidenti di percorso, il tema che ha offerto spunti di resistenza ai famosi novax.

Schillaci deve trovare anche sul piano politico il nuovo punto di equilibrio, tra un’informazione chiara, trasparente, completa e quello che significa educazione del paziente. In questo caso oltretutto un’educazione dell’intera popolazione a capire che il bene salute va difeso con spirito di iniziativa personale per se stessi e per chi ci sta vicino. Autodeterminazione non vuol dire che ognuno può fare quello che gli pare. Autodeterminazione è soprattutto consapevolezza di sé e del proprio ruolo, delle proprie responsabilità in una prospettiva inclusiva dei bisogni e delle esigenze degli altri.

Però questo esige una maturità notevole, un’elaborazione del pensiero comune in chiave solidale, che non sempre è facile riscontrare. La faziosità di certi novax, l’evidente incompetenza di certi negazionisti, il dubbio che su una serie di operazioni ad altissimo impatto economico ci siano anche conflitti di interesse molto elevati getta un’ombra di sospetto pesante su molte decisioni prese. Riuscirà Schillaci a trasmettere questa sicurezza prima di tutto al parlamento e poi dal parlamento al paese intero? Riuscirà a convincere gli italiani che la gestione che stata fatta finora della pandemia è la migliore gestione possibile? Sappiamo tutti che non è proprio così. Sappiamo che ci sono stati tanti circuiti sommersi in cui non sempre quello che è venuto fuori è il massimo della trasparenza sul piano scientifico sociale economico, politico, clinico. La gente sa che non tutto è chiaro, che non tutti i conti tornano, che non tutte le soluzioni sono state adeguate. Ma ciò nonostante ha bisogno di fidarsi di chi guida i processi dal punto di vertice del suo ruolo di ministro.

Schillaci può farlo; ha strumenti culturali concettuali per capire non solo come sta andando la pandemia ma per capire il riflesso che questa pandemia ha in una popolazione ormai anche un po’ stremata da informazione e contro informazione. Da libertà e chiusure. Da questa bolla speculativa straordinaria che viene dalla Cina. La Cina si conferma oggi come l’orizzonte più oscuro nel panorama della sanità mondiale. Non solo perché il vaccino da loro proposto non raggiunge il 40% di efficacia dimostrata. Non solo perché i dati che ci hanno dato finora sono talmente contraddittori da non risultare accettabili. Ma anche perché le decisioni prese di volta in volta sono così estreme.

Chiusure e aperture si alternano quasi irrazionalmente… secondo una logica digitale che ignora le sfumature, il buon senso, con la capacità di accompagnamento della popolazione. Mi auguro che Schillaci riesca a riflettere su questa pandemia in chiave sicuramente altamente scientifica, con il supporto di tutti i dati statistici possibili immaginabili. Ma mi auguro anche che non riduca la pandemia semplicemente a una sorta di info grafica per cui il virus sale e scende… i contagi crescono o diminuiscono… Piuttosto che sappia leggere il quadro complessivo in cui conta anche la dimensione della medicina narrativa, oggi uno dei punti di forza della relazione con il paziente.

Vedremo se il ministro saprà dialogare con tutti, capire le paure, risolvere i dubbi. Anche questa è politica e politica alta soprattutto per chi ha a cuore la salute. Essa non è solo assenza di malattia, vorremmo che guardasse senza avere paura di prendersi responsabilità che possono anche apparire scomode tipo per esempio come trattare la sindrome di Long Covid. Come in qualche modo risarcire i danni da vaccino. Come riorientare negli ospedali il lavoro del personale perché sia protetto e non solo usato. Perché sia rispettato non solo osannato, perché si senta coerentemente impegnato in un ruolo di professionalità alta in una dimensione di etica del lavoro ben fatto,  in una logica di accoglienza e accettazione di tutti tutti i cittadini che hanno diritto ad essere curati. Questa è la sfida che Schillaci deve fare: vincere le resistenze dei cittadini anche di quelli che apparentemente non vogliono curarsi.