Ieri il ministro dell’Energia tedesco Habeck, a margine dell’incontro dei ministri dell’Energia europei a Bruxelles, ha fatto un appello alla solidarietà energetica europea: “Una crisi dell’offerta in un Paese porta a una crisi economica in un altro. Abbiamo bisogno di solidarietà”; “da mesi chiedo la firma di accordi di solidarietà più forti”. Ieri il Financial Times non si è potuto esimere da segnalare l’inversione dei ruoli perché fino a oggi erano stati gli altri Paesi europei a chiedere solidarietà finanziaria alla Germania. La quale è riuscita a sfruttare venti anni di globalizzazione e di contesto geopolitico favorevole, oltre all’euro, accumulando surplus commerciali e finanziari record. Oggi lo scenario è cambiato radicalmente e ci si chiede cosa rimanga di quel modello con la rottura delle catene di fornitura globale, la guerra in Europa e la mancanza di energia a basso prezzo che è una condizione necessaria per un Paese manifatturiero e quindi energivoro per definizione.
Il paragone con le tensioni finanziarie che si sono avute ciclicamente in Europa dalla crisi di Lehman è inevitabile. Non è per una rivendicazione fuori tempo rispetto a un supposto egoismo tedesco. Gli spread, le polemiche tra Paesi virtuosi e non, tra Paesi con tanto debito o poco all’interno dell’Europa sono state ciclicamente un motivo di preoccupazione per la tenuta dell’euro e dell’Europa. Nel 2011 si scommetteva sull’uscita di Grecia, Spagna o Italia dalla valuta comune. Gli spread si sono aperti durante i mesi del Covid e poi negli ultimi mesi, nonostante Draghi, per i timori di una stretta monetaria e poi di una recessione. Finora la costruzione è rimasta in piedi nonostante le tensioni finanziarie tra Paesi. È oggettivo che avere all’interno della stessa area monetaria, e non solo monetaria, Paesi con costi del debito e andamenti economici divergenti sia un fattore ciclico di stress che alla lunga non può continuare; la soluzione a questo problema può essere o la rottura o un’unione definitiva.
Oggi lo stress, le fratture all’interno dell’Europa rischiano di essere molto più vitali di quelle finanziarie. Si avvicina uno scenario in cui i francesi, gli spagnoli e altri saranno in grado di far funzionare le proprie imprese e di scaldare le case mentre i cittadini di altri Paesi, come Germania e Italia, non potranno scaldarsi o dovranno chiudere le imprese. Non è chiaro come possano coesistere Paesi con caratteristiche così diverse all’interno di una stessa unione monetaria che impone regole burocratiche o finanziarie a tutti. La solidarietà europea vorrebbe dire che per garantire qualche grado in più o qualche impresa aperta in più in Germania i francesi, che potrebbero non rinunciare a niente, dovrebbero patire un po’ di freddo o far salire un po’ la disoccupazione. È uno scenario di stress interno molto più radicale e minaccioso di qualsiasi crisi finanziaria; una divaricazione di questo tipo sarebbe impossibile da gestire con l’attuale struttura europea.
I tentativi del Governo italiano di ottenere un tetto del prezzo del gas in sede europea sono falliti e la discussione è stata rimandata a ottobre quando l’inverno sarà alle porte. Nell’attuale struttura europea non c’è una soluzione europea; la politica energetica non si improvvisa in sei mesi. Gli appelli alla solidarietà europea implicano una condivisione molto superiore a qualsiasi cosa si sia vista dopo la crisi dei debiti sovrani o dopo il Covid; la Bce non può stampare elettricità o gas. Le politiche energetiche sono nazionali e i problemi si potrebbero e dovrebbero affrontare senza l’Europa, ritagliandosi spazi di autonomia che tutti si sono sostanzialmente presi. Gli accordi sul gas in Qatar o in Algeria sono nazionali non “europei”. Sarebbe meglio non caricare l’Europa di aspettative impossibili da rispettare sperando che faccia quello che non può fare.
La crisi energetica, se e quando ci sarà, sarà un elemento di tensione all’interno dell’Europa almeno importante come quella finanziaria. Se gli europei hanno fatica così tanta fatica a digerire la solidarietà finanziaria non è chiaro come potrebbero comportarsi di fronte alle richieste di solidarietà energetica con tutto quello che questo comporta in termini di tensioni sociali.
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