No, non è possibile dire o sentir dire che a Napoli è in atto un miracolo certificato dal numero di turisti che sciama per le sue strade. Non è possibile pensare o far pensare che la città stia finalmente vivendo la sua ripresa economica e sociale. Non è possibile sperare o far sperare che stia montando una coscienza collettiva pronta a disarcionare malaffare e cattive abitudini.
Il miracolo appartiene a San Gennaro e al suo amore per la terra che lo ha elevato a intoccabile patrono. Un amore sviscerato e ricambiato che tre volte l’anno – con maggiore enfasi il 19 settembre – si conferma attraverso la sollecita liquefazione del sangue che c’è stata anche questa volta ed è un buon segno. E se gli auspici sono positivi possiamo osare qualche cambiamento.
Non fingere di fidarci delle apparenze, per esempio, e cantar vittoria. Evitare di metterci comodi perché il peggio è passato e si è finalmente imboccata la strada buona. Siamo tutti consapevoli che l’allerta deve restare alta perché poco o niente è cambiato nel sentimento collettivo di una cittadinanza – élite e popolo – allevata nel cinismo e allenata al disincanto.
I ripetuti blitz delle forze dell’ordine che all’improvviso si accorgono della diffusa e voluttuosa violazione della legge in zone tradizionalmente loro interdette, con il corollario del ritrovamento di droga, armi e soldi in quelli che fino a qualche giorno prima passavano per inviolabili nascondigli, non convincono fino in fondo, perché il timore è che dopo il clamore cali di nuovo il silenzio.
I due fenomeni descritti, turismo povero e fiammata dell’ordine pubblico, non sono ancora il motore che serve al decollo, ma possono servire da volano. Un primo giro di manovella al quale devono seguire tanti altri giri serviti con mano ferma e potente. Ed è chiaro che a quest’attività debba dedicarsi in primo luogo un ceto dirigente che da tempo ha perso il crisma della responsabilità.
L’amministrazione comunale può far molto, ma non tutto. Della necessità di reintrodurre e far rispettare il principio si è già detto su queste pagine. Non esiste microcrimine da tollerare perché manca la cultura del limite e ciascuno osa fino al limite delle proprie possibilità: chi va in controsenso, chi parcheggia in doppia fila, chi truffa, chi spaccia, chi spara o accoltella.
L’ammirazione che visitatori e commentatori tributano all’antica capitale – ancora sotto shock per il rango perduto – deve inorgoglirci, ma mai essere usata come alibi: se gli altri ci lodano vuol dire che ce l’abbiamo fatta. Dobbiamo invece cogliere l’occasione per portare ciascuno il suo contributo a una visione e una gestione della vita pubblica rispettosa di beni e persone.
Il resto – lo sviluppo, la ricchezza, i posti di lavoro – verranno da soli perché esistono pochi luoghi al mondo così attrezzati sotto il profilo della bellezza e della storia e con così tanti giovani preparati ma costretti a emigrare per un’occupazione e un compenso che si avvicinino ai loro bisogni se non ai loro desideri. È la somma degli atti individuali che può fare la differenza.
Sarebbe un peccato illudersi di una nuova presunta ripartenza quando ci sono le condizioni per promuoverne una vera. Il problema è come incanalare le energie che questo territorio continua a produrre in un flusso positivo. È accaduto in passato e potrebbe accadere ancora. Ma nulla avverrà di buono se non lo vuole davvero. E su questo punto ci sono dubbi che sarebbe bene dissipare presto.
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