Teresa Ribera, prossima commissaria europea per la Transizione ecologica, in settimana ha chiuso la porta a qualsiasi revisione del termine per la fine dei motori a combustione tradizionali. In Unione europea, dal 2035, non si immatricoleranno più nuove auto a diesel o a benzina. Per la prossima Commissaria europea, ora ministro in Spagna, bisogna garantire l’elettrificazione e la disponibilità di combustibili puliti. L’unica alternativa per salvare i motori a combustione, nello scenario di Teresa Ribera. sarebbero gli e-fuel; la loro produzione richiede elettricità e, oggi, si stima possa tradursi in costi tra le due e le sei volte superiori a quelle dei combustibili tradizionali. La condizione necessaria per produrre e-fuel totalmente green a prezzi competitivi è un elevato tasso di utilizzo degli elettrolizzatori con cui produrre idrogeno; farlo con le rinnovabili, in Europa, è un problema data la scarsità di spazio per il solare e i problemi di intermittenza dell’eolico. Trasportare l’idrogeno costa molto più che trasportare gas o petrolio. L’unico modo per risolvere il dilemma è il nucleare, ma il 2035 è troppo vicino anche ipotizzando che tutta l’Europa parta a breve a costruire nuovi reattori. Teresa Ribera ha confermato la strategia green europea su tutta la linea; in questa “linea” è inclusa la sottovalutazione non solo dei costi ma di altri fattori meno intuitivi.
Questa settimana, per esempio, l’Agenzia internazionale per l’energia ha pubblicato il suo ultimo outlook sulle prospettive energetiche globali. A pagina 398 si legge “le prospettive per il carbone sono state riviste al rialzo in particolare per il prossimo decennio, principalmente come risultato delle nuove proiezioni sulla domanda di elettricità, in particolare di Cina e India”. Oggi l’agenzia stima che nel 2030 si consumerà il 6% di carbone in più di quanto stimasse un anno fa. Contrariamente a quanto si pensi quello a cui si sta assistendo non è un aumento delle rinnovabili e un contemporaneo calo dei fossili, anche nella versione più sporca come il carbone, ma un aumento sia delle prime che dei secondi. Più sale la domanda di elettricità, più occorre trovare mezzi per produrla senza interruzioni e fuori dall’Europa il cerchio si chiude in modo “laico”. Intere aree del globo cercano di migliorare i propri standard di vita e quindi chiedono più elettroni. Anche nel mondo sviluppato si assiste allo stesso fenomeno: l’intelligenza artificiale ha bisogno di talmente tanta elettricità, costante, da richiedere nuovi reattori nucleari. La cronaca delle ultime settimane, da Amazon a Microsoft, ha offerto molti spunti sulla relazione tra AI, elettricità e nucleare.
Come pensi l’Europa di chiudere il cerchio della domanda e dell’offerta di elettricità partendo da prezzi che sono già un multiplo di quelli dei concorrenti, in una situazione di declino industriale e di guerra ai propri confini è un mistero. Il mistero si infittisce osservando una crescente competizione globale per assicurarsi le risorse energetiche con cui si producono gli elettroni: gas, carbone, uranio, terre rare e materiali per pale eoliche e pannelli solari. In questa equazione Cina, India ma anche gli Stati Uniti si pongono il problema dei costi che l’Europa, evidentemente, non crede di avere. Il rischio è che l’Europa pensi di chiudere il cerchio comprimendo artificialmente alcune voci della domanda come, per esempio, quella relativa ai trasporti. La macchina, o i viaggi in aereo, da bene di massa diventa mezzo per pochi o per pochi chilometri, il tutto magari condito da una narrazione sui meriti della vita bucolica e del chilometro zero.
Fuori dall’Europa, intanto, si prende atto della realtà, inclusa quella che non si dovrebbe dire e che rompe la narrazione di una sostituzione tra rinnovabili e fossili a saldo zero che non c’è almeno per tutto il prossimo decennio. Nel 2035 a chi toccherà spiegare agli europei, magari, che i conti erano sbagliati e che la benzina green costa quattro volte quella tradizionale? Oppure che bisogna scegliere tra i grandi benefici dell’intelligenza artificiale a discapito, per esempio, della ricarica dell’auto elettrica?
C’è comunque una certezza, su cui non sembrano poter esserci discussioni, l’Europa è l’unico posto dove la strategia sulla transizione green prosegue in linea retta da dove il resto del mondo l’aveva lasciata nel 2020. In tutti gli altri posti, Stati Uniti in testa, si è preferito il realismo per evitare che a pagare fossero le famiglie.
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