Ieri Kering, colosso francese del lusso proprietario, tra gli altri, del marchio Gucci, ha annunciato l’acquisto di un immobile in via Monte Napoleone 8 a Milano per circa 1,3 miliardi di euro. L’immobile, si legge nel comunicato, ha una superficie di 11.800 metri quadrati inclusi spazi commerciali di 5.000 metri quadrati. Il prezzo al metro quadrato implicito nel prezzo pattuito è superiore a 100 mila euro. L’acquisizione di Kering è stata la transazione immobiliare più alta di sempre in Italia.
L’immobile ha elementi di unicità sia per la posizione che per la dimensione e questa è una premessa necessaria per inquadrare l’acquisizione. Gli immobili di quella dimensione in quelle poche centinaia di metri di “location” super prestigiosa sono pochissimi e non sono sostituibili con edifici equiparabili nemmeno spostandosi di appena una o due vie. Spiegare certi numeri rimanendo nei confini del “modello Milano” o del lusso quotato sarebbe però riduttivo.
Il settore immobiliare è da sempre molto sensibile alle politiche delle banche centrali. La bolla immobiliare dei primi anni 2000, finita con il fallimento di Lehman Brothers, è nata e cresciuta in un contesto di tassi bassi e di politiche monetarie espansive. L’esplosione dei prezzi delle case e degli affitti negli ultimi 24 mesi che ha coinvolto non solo Milano ma moltissime altre location europee e americane è frutto anche delle politiche monetarie espansive post-Covid che sono durate anche dopo il manifestarsi di un’inflazione inizialmente definita temporanea e da “offerta”. Il risultato è che la distanza tra prezzi delle case o affitti da una parte e salari medi dall’altra oggi è molto più alta di quanto non fosse due anni fa. Più la location è prestigiosa o più il mercato è liquido, più questa distanza si è accresciuta fino a estremi che si fatica a processare e che non sono spiegabili se non dentro una cornice che includa anche le politiche monetarie.
L’acquisizione di ieri da parte di Kering non dà una misura di quello che accadrà e non ci offre un’indicazione su quello che succederà ai prezzi, ma ci dice quello che è successo e, in un certo senso, anche quello che continua a succedere. Le condizioni finanziarie, così come vengono misurate dalle principali banche d’affari, per gli investitori e i mercati non sono restrittive ma l’opposto. Alle banche centrali si chiede di rimediare ai problemi che, sicuramente nel caso italiano, includono salari cresciuti molto meno dell’inflazione e molto meno delle “borse”. I “grandi capitali” beneficiano delle politiche espansive infinitamente di più della classe media.
L’annuncio di ieri del colosso Kering è una spia accesa sugli effetti collaterali dei “tassi bassi” che si tende a sottostimare e che producono effetti tanto più ampi quanto più è il capitale a disposizione.
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