Il presidente della Piccola Industria di Confindustria Carlo Robiglio, durante il Forum della Piccola Industria a Genova, ridice lo stradetto millantando un credito che più non hanno: “Lanciamo da questo luogo un accorato richiamo alla politica, con una richiesta di maggiore attenzione, maggiore vicinanza a chi crea ricchezza per il Paese, chi rende l’Italia un Paese vincente nel mondo”.



Non ancora pago, lo nega: “Dai primi calcoli con il nuovo codice della crisi di impresa l’intera platea di aziende interessate dalle procedure di ‘allerta’ in fase di prima applicazione oscillerà tra 25 e 30 mila. Com’è inevitabile, una parte di queste falliranno”.

Ma come… muoiono di ricchezza? Orsù, magari della sua cattiva allocazione! Toh, facciamocelo dire da quelli dell’Ufficio studi della Cgia: “Rispetto al 2007 (anno pre-crisi) le famiglie italiane hanno ridotto i consumi per un importo pari a 21,5 miliardi di euro. L’anno scorso la spesa complessiva dei nuclei familiari del nostro Paese è stata pari a poco più di 1.000 miliardi di euro. Nonostante la contrazione, questa voce continua comunque ad essere la componente più importante del Pil nazionale, il 60,3 per cento del totale”.



Se insomma seppur con meno denaro le famiglie continuano a fare, in percentuale, la stessa spesa di sempre; qualcun altro marca visita nel dover fare quel 39,3% che gli spetta, se la crescita non cresce! Sì, la ricchezza viene generata dalla spesa aggregata, se non la fanno tutti gli aggregati per quel che spetta loro accade che… oltre quel che teme Robiglio, lo sfacelo che misurano sempre dalla Cgia: “La platea delle imprese artigiane e del piccolo commercio è scesa di numero. Tra il settembre 2009 e lo stesso mese di quest’anno le aziende/botteghe artigiane attive sono diminuite di 178.500 unità (-12,1 per cento) mentre lo stock dei piccoli negozi è sceso di quasi 29.500 unità (-3,8 per cento). Complessivamente, pertanto, abbiamo perso più di quasi 200 mila negozi di vicinato in 10 anni”. Brrrrrr!