C’era una volta l’ossigeno vitale e tanto, tanto da non fare prezzo; poi venne un tizio che, fiutando l’affare, si associò a uno con il capitale per organizzare il modo di metterlo nelle bombole per i malati d’aria; altri vennero assunti per fare quelle bombole. Il fatto fece rumore: quel tanto divenne quel poco che ci stava là dentro. Una risorsa, insomma, per quei malati che apprezzarono e prezzarono; giust’appunto il valore! Tutti ci guadagnarono. Il gestore dei fattori della produzione incassò, tenne per sé una parte; il resto remunerò quelli del capitale e quelli del lavoro; a quelli in debito d’ossigeno toccò invece un nuovo agio.
Di gas in gas: da quello medicinale al diclorodifluorometano che, da DuPont brevettato, divenne il Freon; da questo al freddo usato in casa per conservare cibi fu un attimo. Essì, pure qui un Caio ci mise l’estro, quelli del capitale tanto resto; ambidestra si fa la manodopera, per far di più. Già, col far di più si può far troppo: se l’hai fatto devi venderlo. Arrivarono all’uopo, in ditta, le truppe cammellate di pubblicitari e uomini di marketing assunti da un monito: vendere il freddo a tutti, finanche agli eschimesi!
La Gente la voglia l’aveva di avere quel frigorifero nuovo di zecca e potersi così sottrarre a quello scarno compra/compra quotidiano che, non facendo un gran volume di spesa, subiva il prezzo. Quest’agio generò un contagio che fece sovrautilizzare la capacità produttiva delle fabbriche del “bianco” fino a far stare appesi i Caii al polo nord. Tant’è! Quando Sempronio salì su una carrozza trainata da tre quarti di un cavallo vapore, foraggiato a etere di petrolio, alfine andò. Andato, per il mondo fu tutta un’altra storia. Da lì in poi tutti vollero quell’andar, seduti, in ogni dove.
Quel “voglio” risuonò, gli spiriti animali si misero all’opera; fu uno sferragliare di marche, modelli e prezzi; quando l’ebbero tutti o quasi [1], per i Sempronii, il contagio si trasformò in disagio; se ne avvidero e pur di non ridurre le produzioni aggregarono marchi per avere la massa critica giusta, si fecero banca per far ricavi finanziando l’acquisto/affitto delle auto; si fecero lobby, approfittando delle politiche monetarie lasche e di quelle fiscali sulle “rottamazioni”. Tutti e tutto a più non posso per tirare a campare.
Bene, quel fin qui detto in prosa deve poi far di conto con i prosaici fatti. Stretta la foglia, sempre più stretta quella via che, partita dall’agio, passata per il contagio, sembra finire nel disagio. Giust’appunto, alla fine della fiera quale valore avrà generato tal gestione dei fattori produttivi? Quale quello del capitale investito e quello del lavoro svolto? Sì, insomma la produttività totale dei fattori dove diavolo sarà finita? Beh, la si cerchi nelle tasche di quelli della spesa: quando l’agio c’era venne generata ricchezza e tutti ne godettero; quando si arrivò al contagio ebbero ancor di più, non in denaro, liberati dal bisogno; quando, seppur con un’utilità marginale della spesa decrescente, tocca comunque farla, magari a debito, ci si ferma un po’ a pensare… mentre finisce tutto in vacca.
Questa volta non sembra esservi alcun paradosso da mostrare, solo una disperante cunetta dove ristagnano tutte le inefficienze di un sistema economico che, continuando a voler andare avanti guardando all’indietro, non riesce a intendere quel che ebbe a scrivere Menger: “Il valore non è qualcosa di intrinseco alle merci, non è una loro proprietà, ma semplicemente l’importanza che noi attribuiamo alla soddisfazione dei nostri bisogni, in relazione alla nostra vita e al nostro benessere”.
[1] Già nel 2012 si produceva più del necessario. Le capacità complessive dell’industria automobilistica europea erano di 20,6 milioni di veicoli. Secondo il presidente del gruppo francese PSA Peugeot Citroën, tale esuberanza di produzione si aggirava attorno al 20%. Il direttore generale della Renault, rincarava la dose, 3 i milioni di auto di troppo.