Uno dei principali problemi di fronte ai quali ci troviamo con scarsa capacità di risposta e soluzione è il mancato allineamento tra obiettivi, strumenti e risorse. E questo a prescindere dalla circostanza che gli obiettivi siano figli o meno di una visione, il che li porrebbe a un livello più alto in termini di strategia senza però che la faccenda muti di carattere. Insomma, tra il dire e il fare s’intromette l’immancabile mare che sempre più spesso si gonfia in oceano per la grandezza che prende divaricando ulteriormente le due sponde.
Gli esempi che confermano questo stato di cose sono sempre più numerosi e sotto gli occhi di tutti dal momento che riguardano alte e basse sfere del nostro desiderare, affermare, deliberare. Se bastasse uno sforzo di volontà, ancora meglio se buona, i propositi potrebbero trasformarsi in azioni e le azioni in fatti rendendo a seconda dei casi la vita più facile o più difficile, ma comunque più leggibile, più comprensibile, più affrontabile. Invece il mondo gira diversamente e i risultati raramente si allineano agli obiettivi.
Si dirà che questa è la sorte degli esseri umani: progettare una cosa perché ne avvenga un’altra. L’imponderabile prende il sopravvento e quello che pensiamo debba accadere si dissolve alla prova della realtà. E in effetti, guardandoci intorno, così parrebbe scritto da qualche parte dove si governano i nostri destini nella piena indifferenza di quello che ci piacerebbe e per cui avremmo sognato, studiato, lottato. Fino a giungere alla conclusione che non valga la pena di impegnarsi tanto se poi i frutti che si colgono sono dovuti al caso.
Eppure, prima di giungere a questa conclusione dovremmo domandarci se ci siamo davvero formati ed equipaggiati per il viaggio che ci accingiamo a compiere. Non sempre – quasi mai – ci dotiamo della strumentazione giusta, adeguata al bisogno. Prendiamo il caso dell’Europa. Si continua a parlare della necessità che sia più forte e coesa rispetto alle sfide che sono alle porte, ma poco si fa perché si doti dei mezzi che servirebbero allo scopo. E così, d’insuccesso in insuccesso, si alimenta la diffidenza.
C’è voluto lo spavento della pandemia perché si riuscisse finalmente a orchestrare una risposta comune con un debito condiviso (i famosi Eurobond). Passata la paura di quell’esperienza non resta che il ricordo e la voglia sterile per alcuni, il timore per altri, che possa ripetersi nonostante la sua palese utilità. Comunque voglia configurarsi l’assetto del Vecchio continente, è fuori di discussione che si debba dotare di leve (strumenti) all’altezza dei compiti se vuole sopravvivere alla tenaglia di America da una parte e Cina dall’altra.
Ed è fin troppo evidente che sotto la voce risorse non ci siano solo quelle economiche, pur fondamentali, perché quelle umane sono di sicuro ancora più importanti. Siamo pronti e preparati a superare gli ostacoli che ingombrano il nostro cammino? Perché non può sfuggire a nessuno che le tasche piene, per quanto necessarie, non siano sufficienti a garantirci il raggiungimento degli obiettivi. A maggior ragione se questi sono complessi ed elevati. Vale per l’Europa, per l’Italia, per ogni genere e taglio di organizzazione.
Qui il discorso si complica perché se le idee viaggiano sulle gambe degli uomini e delle donne è su quelle che dobbiamo far conto. Quanto allenate siano, quanto capaci di passi audaci e sicuri, è il punto da chiarire. Se vogliamo essere onesti con noi stessi dobbiamo ammettere che in questo campo mostriamo più di una carenza. Per essere creduti, per essere seguiti, per guidare un qualsiasi processo di cambiamento, chi se ne mette a capo dev’essere legittimato a farlo da una storia personale di credibilità.
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