Nel caotico finale di partita su Brexit, il Sindaco di Londra Sadiq Khan ha calato la carta “Free City”. Vorrebbe che il Regno Unito – in caso di effettivo distacco dalla Ue – riservasse alla sua capitale lo statuto speciale di “città aperta”, che ne mantenesse il profilo di crocevia di scambi globali di ogni natura.
La proposta ha certamente un “qui e ora” britannico. Londra – e in particolare la sua City finanziaria – sono da sempre in testa a ogni tentativo di frenare, congelare o rovesciare con ogni mezzo l’esito del clamoroso referendum del giugno 2016. E l’attuale lord mayor – personalmente simbolo dello spirito aperto e cosmopolita di Londra – è non a caso fautore dichiarato di un contro-referendum. Certo, anche il laburista Khan – eletto proprio nel 2016, dopo tre mandati di regno per il premier conservatore in carica Boris Johnson – sente odore di elezioni anticipate. È il voto snap che “BoJo” vorrebbe tenere il 12 dicembre per sbancare tre anni dopo la roulette fatale al predecessore tory David Cameron: un’ipotesi sulla quale il Labour del sempre più antiquato Jeremy Corbyn è per ora senza linea. Che si voti in un futuro più o meno prossimo, il sindaco della Londra multi-culturale e progressiva sembra comunque scaldarsi ai blocchi di partenza nella corsa per la candidatura laburista a premier. Ma nel farlo ha subito appoggiato sul tavolo un’arma non convenzionale, coerente con tempi non convenzionali.
Khan, di radici “imperial-pachistane”, non sembra più così interessato a far restare la Gran Bretagna nell’Unione Europea: mai del tutto amata a Londra e oggi divenuta alleata tattica e interessata di “BoJo” per realizzare comunque Brexit. Il rilancio del sindaco guarda quindi al format pieno della “città-Stato”. non del tutto estraneo a Londra, ma pur sempre nel suo ruolo storico di capitale delle Isole britanniche: a lungo prima città del globo, ma come cuore dell’Impero britannico. La Londra post-Brexit disegnata da Khan sembra avere contorni molto diversi. Appare una cosmopoli ultra-smart, che progetta la secessione offshore da un stato nazionale sempre più piccolo e obsoleto, sempre meno funzionale alle ambizioni della City (e forse anche del “distretto della conoscenza” di Oxbridge).
Ancora: la provocazione di Khan non è affatto isolata a livello globale, anzi. Da mesi è sotto i riflettori dei media Hong Kong: la città-stato per eccellenza creata dall’Impero britannico all’apice della globalizzazione colonialista. Uno status rispettato per un ventennio dalla Cina, dopo la “restituzione” da parte di Londra. Ora, tuttavia, Pechino ha deciso di forzare i tempi in direzione di un’annessione piena della piattaforma finanziaria, oggi anche grande incubatore di innovazione digitale. È così che gli abitanti più giovani di Hong Kong sono da settimane in piazza, tenendo per ora testa alle minacce di fatti compiuti e di rappresaglie repressive da parte del governo cinese: il Paese più popolato del mondo e oggi titolare del primo Pil assoluto; ma anche largamente arretrato e storicamente refrattario a ogni apertura liberale nella sua vita politico-sociale.
A Barcellona, intanto, sembra essere solamente sopito il violento ritorno di fiamma dell’indipendentismo. Gli incidenti delle ultime settimane sono seguiti alle pesanti condanne inflitte ai leader (democraticamente eletti) che due anni fa tentarono di formalizzare l’autonomia della Catalogna, dopo un referendum popolare. Comunque lo si voglia giudicare (per molti osservatori-supporter della prima ora i “valorosi combattenti per la libertà” di Barcellona sono oggi diventati pericolosi “sovranisti”), il dossier-Barcellona presenta caratteri sostanziali poco equivocabili. La città-simbolo del programma Erasmus è uno degli snodi dell’Europa più integrata, evoluta, dinamica e aperta al mondo. Ed è stata duramente punita dalla capitale ex franchista – Madrid – che invece conserva in tutto il profilo burocratico di una capitale-corte: fra l’altro sempre meno capace di svolgere la sua funzione istituzionale (la Spagna si prepara a tenere il 10 novembre prossimo elezioni politiche anticipate per la quarta volta in quattro anni).
P.S.: In Italia, intanto, M5s – forza di maggioranza parlamentare espressa principalmente dal Centrosud – si accinge a chiedere uno statuto speciale per la capitale Roma. Ciò in virtù dell’eccezionale gravità ed estensione del degrado amministrativo, economico e sociale della più grande città italiana. Nel frattempo il governo Conte-2 si appresta ad azzerare ogni ipotesi di concessione di autonomia rafforzata alle tre regioni più evolute del Paese – Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – nonostante su di essa si siano pronunciati anche due referendum popolari.