Leggo che il Governo, probabilmente in un momento di particolare impegno nella lotta al caro vita, ha inserito nella bozza di manovra economica 2024 il passaggio dal 5% al 10% dell’Iva sui prodotti per l’infanzia (per esempio il latte in polvere o altri alimenti destinati ai bimbi) e per prodotti come assorbenti, tamponi e coppette mestruali.
Desidero complimentarmi con gli autori di un provvedimento che – se confermato – determinerà un aumento del costo dei beni e quindi colpirà il già scarso potere d’acquisto delle famiglie italiane. Peraltro, in genere, gli aumenti della tassazione sui prodotti inducono anche a lievi aggiustamenti dei prezzi, che alla fine risultano maggiori rispetto al valore dell’aumento fiscale.
Il secondo effetto sarà quello di colpire le famiglie che fanno figli: mossa astuta per un Esecutivo che si propone di promuovere le nascite e tutelare la famiglia in un Paese in pieno declino demografico.
Secondo un’indagine realizzata da Ipsos, il 68% degli italiani si aspetta ulteriori aumenti del costo della spesa, il 59% delle bollette, i 57% del carburante. I tragici fatti in Medio Oriente e il rischio di un conflitto su base regionale creano le condizioni per aumenti del costo del petrolio, da cui deriverebbero incrementi dei costi di produzione, trasporto, energia, materie plastiche (pensiamo a tutti gli imballaggi dei prodotti…). Costi che chiaramente sarebbero trasferiti a valle, perché negli ultimi quattro anni, per effetto delle conseguenze di Covid (rottura delle catene del valore globali, incremento materie prime, inflazione importata) e guerra in Ucraina (ricordate il gas a 300 euro per megawattora e l’ulteriore spinta al costo delle materie prime?), le aziende industriali e distributive del largo consumo hanno visto le loro marginalità deteriorarsi. Insomma, non se la passano bene: certo non come le banche che si possono permettere un signor aumento contrattuale ai dipendenti di 435 euro (in tre anni, sul livello medio).
L’economista e filosofo francese Serge Latouche invitava alla “decrescita felice”, basata sulla diminuzione della produzione che a suo parere avrebbe migliorato la qualità dell’ambiente e della vita della persone. In realtà, mi pare che la rotta del Paese sia orientata verso una sorta di lenta (ma non tanto) “decrescita infelice”. Fenomeno che non si contrasta certo con nuove vessazioni fiscali.
P.S.: Pare che a luglio 2024 scatteranno in Italia le tasse sulla plastica e sullo zucchero. Qualcuno per cortesia spieghi a palazzo Chigi le conseguenze a monte e valle delle imprese di questa scelta.
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