Quando 45 anni fa iniziò l’avventura del Meeting di Rimini i giornali di arrovellarono molto per comprendere da chi fosse costituita dal punto di vista sociologico quella marea di gente che per quasi una settimana affollava gli spazi della vecchia Fiera di Rimini. Fu coniato il termine “Popolo del Meeting”. Tale definizione indicava due facce della stessa medaglia: quella dei volontari e quella dei visitatori. Entrambe erano costituite da giovani di circa vent’anni che si erano mossi da tutt’Italia per garantire gli uni di far partecipare gli altri ad un evento assolutamente nuovo e mai visto fino a quel momento in Italia.
Ciò che più di tutto incuriosiva i giornalisti era il clima che si respirava tra gli stand e le sale riunioni, frutto innanzitutto dello stile che quei giovani cortesi e instancabili, venuti da tutt’Italia e da ogni fascia sociale, avevano nel tenere i rapporti con i visitatori spesso loro coetanei. Erano fondamentalmente studenti universitari che avevano deciso di rinunziare ad una o più settimane di riposo dallo studio (ma chi poteva tra una pausa e l’altra rileggeva il libro dell’esame da sostenere a settembre) per contribuire ad un evento del quale non sempre potevano pianamente usufruire. Molti erano adibiti alle cucine e ai parcheggi e tornavano a casa senza aver incrociato una sola delle personalità presenti. Erano gli anni delle feste di partito che iniziavano subito dopo, ma chi veniva a Rimini si accorgeva che c’era un’aria diversa. Gli intervistati raccontavano con grande naturalezza che si pagavano il soggiorno, che certo non era in alberghi a 4 stelle, che la mattina alle 9 erano già in Fiera per ascoltare la Messa e poi subito dopo a mettere tutto in ordine, perché alle 11 arrivava l’altra faccia della medaglia, quella dei visitatori, e così fin verso mezzanotte.
Il popolo dei visitatori, curioso e interessato a qualunque cosa incontrasse, in quei giorni scopriva aspetti e problemi della vita, soprattutto di quella internazionale, di cui non aveva avuto conoscenza finora. Poteva accadere di incontrare e vedere da vicino, se non addirittura parlare, con personaggi del calibro di Madre Teresa o Lech Wałęsa, personaggi della politica e dello sport, della cultura e dello spettacolo, fino al mitico incontro con Giovanni Paolo II il 29 agosto del 1982.
Poi il popolo crebbe in età e responsabilità. Tornava ogni anno più numeroso ma cominciò a tirarsi dietro carrozzine, biberon e alimenti per l’infanzia e non era raro vedere mamme che allattavano durante un concerto o una conferenza. Il popolo dei visitatori avanzava in età, mentre quello dei volontari veniva gradatamente sostituito da una generazione di più giovani.
Poi all’inizio degli anni 2000 il trasferimento nei locali della nuova Fiera di Rimini. Nuovi spazi e nuove sfide. Il popolo del Meeting fu chiamato ad un rinnovato impegno. C’era più spazio per tutti: stand, mostre, ristoranti, saloni per incontri e soprattutto una nuova grande opportunità, luoghi adatti per i più giovani, dai bambini agli adolescenti. Insomma, al Meeting poteva partecipare chiunque e chiunque poteva trovare un interesse, anche gli adolescenti che volevano fare solo sport.
Anche il Popolo del Meeting cambiava pelle, soprattutto il colore dei capelli. I ventenni degli anni inziali avevano ormai circa cinquanta anni e qualche capello bianco cominciava ad affiorare. I bimbi che negli anni passati venivano nel passeggino scorrazzavano indisturbati in tutti gli stand alla caccia di gadget da scambiare come le figurine Panini. E i genitori si confondevano parte tra i volontari e parte tra i visitatori.
Andiamo all’oggi. Chi è oggi il Popolo del Meeting? Per dirla in termini statistici potremmo affermare che siamo giunti alla terza generazione. Dopo la pausa del covid questo popolo è tornato massicciamente a Rimini. Quelli della prima generazione che oggi anno almeno 60 o 70 anni sono ancora a girovagare tra gli stand. Il passo è più lento, lo sguardo solo apparentemente più spento, evitano fatiche eccessive, ma sono ancora là a spingere passeggini. Sono forse quelli che portavano tanti anni fa, ma oggi ci sono dentro i nipotini, i figli dei figli, che magari intanto pelano patate in cucina o fanno da guida alle mostre. Capita di incontrare anche qualcuno dei fondatori del Meeting ormai confusi tra i visitatori. Anche loro nonni presenti come gli altri. Questi nonni impegnano ore per andare da uno stand all’altro, perché devono salutare centinaia di persone a cui chiedere notizie di figli e nipoti, ma ormai quasi tutti sono accomunati dall’essere divenuti pensionati per lo Stato. Ma non per il Meeting che ha ancora bisogno di loro e che a loro chiede ancora impegno e fatica come all’inizio, anche se in modo diverso.
A questo popolo ormai molto silenzioso e discreto andrebbe tributato un ringraziamento, magari con una mostra o un servizio fotografico.
Tra qualche anno parteciperà al Meeting da una tribuna del tutto particolare, dove sarà loro risparmiato il caldo delle sale, il cibo dei ristoranti, la fatica del parcheggio, le file per entrare e farsi censire, ma sarà comunque presente perché del Meeting è anche la sua anima.
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