“Whatever is necessary”. Il campanello d’allarme, per l’Italia, era già squillato l’altra sera, per voce della donna ancora più potente d’Europa, il cancelliere tedesco Angela Merkel. Contro il coronavirus, aveva detto, la Germania è pronta a fare “il necessario” (cioè: “lo stretto necessario”), mentre all’Italia sotto assedio sarà certamente consentito di utilizzare un po’ di flessibilità Ue per “l’emergenza sanitaria” (ed è subito parso di capire solo per quella: non certo per la recovery economica successiva).



La conferma di quale sia l’atteggiamento corrente dell’Unione europea verso l’Italia si è comunque avuto meno di ventiquattr’ore dopo: quando un’altra “quota rosa” oggi al timone in Europa – la neo-presidente della Bce, Christine Lagarde – ha chiarito l’abolizione del whatever it takes (“tutto quanto sarà necessario”) con cui il predecessore Mario Draghi salvò l’euro dal 2012 in poi. “Non siamo qui per aiutare gli spread”, ci ha tenuto precisare: condannando la Borsa italiana al peggior crollo della sua storia, ma senza risparmiare neppure Parigi e Francoforte. Certamente una conferenza stampa come quella di ieri non era affatto necessaria, anche perché ha dato corpo ai sospetti di molti quando nei confusi rinnovi ai vertici Ue dell’estate il presidente Emmanuel Macron ha imposto come banchiere centrale dell’euro un ex avvocato di Wall Street, discusso ministro francese e solo infine direttore generale del Fmi.



Fra Merkel e Lagarde non ha mancato di colpire l’esibizione puramente mediatica di Ursula von der Leyen. La nuova presidente della Commissione Ue ha voluto inviare un messaggio televisivo di solidarietà all’Italia: ma non è riuscita a evitare di lanciarlo da dietro il vetro di un reparto di terapia intensiva o al di là delle molte frontiere chiuse attorno alle Alpi, in violazione degli Accordi di Schengen.

La stessa von der Leyen si è invece scomodata, nei giorni scorsi, per sorvolare in elicottero la frontiera greco-turca assediata dai profughi siriani premuti da Erdogan. E anche il presidente del Consiglio Ue, il belga Charles Michel, ha dato precedenza nella sua agenda al presidente-dittatore turco volato a Bruxelles per chiedere nuovi miliardi di euro di “pizzo” Ue (anche italiani) per trattenere i migranti fuori dall’Europa (e riarmarsi anche in Libia).



Nel frattempo la sostanza del cosiddetto “aiuto all’Italia” sembra prendere forma in modo politicamente peculiare. Anzitutto venerdì il governo Conte potrà annunciare soltanto 12 miliardi di mini-manovra interna. La seconda tranche (la seconda proverbiale scarpa promessa ai suoi elettori dal leggendario sindaco di Napoli Achille Lauro) sarà disponibile solo dopo che l’Italia – lunedì 16 marzo – avrà piegato la testa votando il Mes: il nuovo meccanismo di prevenzione delle crisi finanziarie e bancarie che mette invece di nuovo a rischio la stabilità del debito pubblico italiano e del sistema bancario (di nuovo sotto pressione per la recessione da coronavirus). Qui l’Ue sta dunque aiutando se stessa, se addirittura non sta maramaldeggiando sull’Italia in ginocchio, come teme il leader della Lega Matteo Salvini.

Nel frattempo l’Europa di “Orsola” non sembra così decisa nel voler supportare il Ggoverno italiano nato in agosto anche nel suo nome. O meglio: “Orsola”, com’era prevedibile, è assai meno in grado di decidere di “Angela” (la sua ex principale a Berlino) e di “Christine”, che sembra aver molta soggezione dei banchieri “falchi” del Nord Europa. Quindi si sta rivelando carta di poco valore il “credito” che Conte – la scorsa estate – era convinto di aver guadagnato regalando il suo “tradimento” verso la Lega e i voti “responsabili” degli M5S alla faticosa designazione in Europarlamento.