E così il Recovery fund, il grande successo di Conte e Gualtieri, sembra abortito prima di nascere. Prima ci ha pensato la Bce a renderlo praticamente inutile. Infatti, con la sua decisione di ampliare da 750 a 1.350 miliardi i fondi per il Pepp, il nome pittoresco del nuovo Qe, per l’acquisto di titoli di Stato. Di fatto, questo vuol dire che il costo degli interessi si azzera poiché i profitti così ottenuti dalla Bce vengono retrocessi alle banche centrali e da queste finisce nelle casse degli Stati. Ma se il costo degli interessi si azzera, allora perché accedere al Recovery fund, che dovrebbe offrire lo stesso vantaggio? E perché prendere soldi per lo sviluppo tecnologico (per il 5G?) che avrebbe un impatto minimale per tante piccole imprese? Infatti, l’accesso al Recovery fund viene dato a certe condizioni di spesa, cioè con l’approvazione di progetti dedicati a settori ben precisi.
Ma a seppellire definitivamente il Recovery fund ci ha pensato un Paese del nord Europa. I finlandesi hanno deciso, per mezzo del loro primo ministro, la signora Sanna Marin, che il Recovery Fund non è accettabile prima di tutto per le condizioni troppo “morbide” e perché ogni Paese deve prendersi la responsabilità del proprio debito. E il partito Democrazia cristiana ha addirittura minacciato di chiedere l’uscita dall’euro nel caso il Recovery fund venisse approvato.
Così la Finlandia si aggiunge agli altri quattro Paesi europei già dichiaratisi contrari (Austria, Olanda, Danimarca e Svezia). E, paradosso dei paradossi, al governo in questi cinque Paesi non vi sono i “populisti”, ma partiti che in Europa sono alleati del Pd di Zingaretti.
Intanto l’Italia affonda. Diversi economisti hanno stimato che l’economia italiana per uscire da questa crisi avrebbe bisogno di stimoli pari al 10-15% del Pil e cioè almeno cinque volte tanto quanto messo in campo sino a oggi: infatti, secondo una stima di Bankitalia, è pari al 2% del Pil. E così pure Bankitalia, dicendo la verità, contribuisce a mettere un chiodo sulla bara del Recovery fund.
L’Italia affonda e affonderà ben più di quel 9% previsto da Bankitalia o di quel 13% previsto nello scenario peggiore. Quello che fanno finta di non capire è che questa crisi è “settoriale”, colpisce più alcuni settori, devastandoli, mentre lascia inizialmente quasi indenni altri. Ma è un’illusione. Il brutto delle crisi “settoriali” è proprio questo: in un’economia così specializzata, dove in ogni settore vi sono eccellenze, ma sono eccellenze solo in quel settore, non riconvertibili, la crisi di un settore devasta inesorabilmente poco dopo i settori adiacenti, quelli che hanno per clienti le aziende di quel settore.
Faccio un esempio: immaginiamo che una crisi devastante azzeri il settore della raffinazione del petrolio. Sembra un settore molto particolare, che avrà effetti del tutto particolari e non devastanti per il resto dell’economia. Ma se non si pone un qualche rimedio (leggasi interventi di Stato), il petrolio non verrà raffinato e verranno improvvisamente a mancare benzina e gasolio. A catena andrà a gambe all’aria tutto il settore dei trasporti. E di seguito, tutti i produttori di beni materiali, che possono continuare a produrre ma non possono far viaggiare la loro produzione verso i loro clienti. E così a catena, fino all’ultimo settore, in una sorta di domino che farà cadere un settore dopo l’altro senza che nessuno possa far nulla per contenere la distruzione economica.
Vi sono due elementi che mi fanno pensare al peggio. Il primo è che l’eventuale Recovery fund potrà arrivare solo tra sei mesi, quindi troppo tardi; a questo aggiungiamo pure che il Mes (il cui utilizzo ritengo più probabile) ha una dotazione del tutto insufficiente. Il secondo è che il ministero dell’Economia, seppure a fronte di richieste esorbitanti, sta emettendo titoli in quantità irrisorie, quasi non vi fosse alcuna crisi, non vi fossero necessità di investimenti. La scorsa settimana ha emesso appena 14 miliardi di Btp a fronte di una richiesta di 108 miliardi.
E così ci troveremo con una crisi economica devastante e un Governo che si sta cacciando in una situazione di emergenza finanziaria totale. Avremo il Mes, ma sarà troppo tardi, sarà troppo poco e del tutto inutile.
Nel frattempo, la Bce, annunciando un Qe allargato di 600 miliardi, sta preparando il terreno ideale per uno scontro con la banca centrale tedesca e probabilmente all’uscita della Germania dall’euro. Andrà tutto bene?