Molti media hanno riportato – senza smentita – che l’accoglimento di 90 migranti salvati dalla Ocean Viking da parte di Malta sarebbe stato sbloccato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel corso di un incontro al Quirinale con George Vella, omologo della Valletta. Un intervento comprensibile e doveroso sul piano umanitario, allorché le acque restano agitate attorno ai barconi sia nel Canale di Sicilia che fra le cancellerie europee. Il ruolo di supplenza delle presidenze, peraltro, si prolunga e intensifica.



Il Corriere della Sera ha pubblicato un lungo intervento del residente tedesco, Frank Walter Steinmaier, a ribadire l’impegno di principio della Germania sul fronte dell’emergenza mediterranea. E ancora ieri sera il presidente francese, Emmanuel Macron ha visitato anzitutto il Quirinale: non solo per rispetto del protocollo diplomatico, ma anche perché il colloquio con Mattarella ha avuto forse più peso della successiva cena con il premier Giuseppe Conte.



Se gli sforzi delle diverse Presidenze in chiave di moral suasion si fanno più pronunciati e visibili, è vero che il potere e la responsabilità di decidere resta nelle mani dei governi (salvo che nella Francia semipresidenziale di Emmanuel Macron). Quello che conterà – fra Italia, Francia, Germania e Malta – sarà quindi l’esito del vertice fra i ministri dell’Interno, in programma fra quattro giorni nella capitale maltese. È in quella sede che si potranno misurare gli impatti reali della lobbying istituzionale dei presidenti nel partorire un nuovo meccanismo comunitario che superi la situazione corrente: quella che vede tuttora le navi delle Ong francesi o tedesche puntare solo sui porti italiani e ogni volta innescare caso per caso estenuanti negoziati fra Italia e partner Ue per una accoglienza ripartita.



È la situazione cui l’ex vicepremier Matteo Salvini ha risposto per un anno con ripetuti ordini di chiusura dei porti. Un passo gravoso sul piano umanitario e per la stessa immagine della Lega, ma certamente non immotivato sul versante politico-diplomatico: con Roma sistematicamente messa sotto accusa e pressione da Paesi della Ue che – viceversa – tengono chiuse le loro frontiere, le presidiano con mezzi militari o nuovi muri, giungono a sparare a vista su chi tenta di varcarle.

È probabilmente la percezione sostanziale della situazione – al di là della retorica interna e internazionale che ha accompagnato l’espulsione della Lega dalla maggioranza di governo – a far sì che i decreti sicurezza varati dal governo Conte-1 siano tuttora in vigore: nonostante promesse formali e attese reali di immediata abrogazione. Stasera la capitana Carola Rackete sarà intanto ospite di La7 e ri-narrerà le (sue) ragioni dello sbarco-speronamento a Lampedusa della Sea Watch 3, sulla quale si erano avvicendati a bordo numerosi parlamentari Pd. Ma lo stesso Pd – rientrato nella maggioranza di governo –  si è ben guardato nel frattempo dal pretendere la poltrona di Salvini (e lo stesso ha fatto M5s). Fra facili proclami demagogici ed effettiva azione di governo sul fronte migranti resta un abisso, fatto tra l’altro di sondaggi elettorali. Ed è una forca caudina di fronte alla quale il Conte-2 ha subito rinculato, delegando il dossier alla ministra tecnica Luciana Lamorgese.

Toccherà quindi al nuovo titolare del Viminale (priva di legittimazione ed esposizione elettorale) cercare una qualche svolta operativa al vertice di Malta, prima di proporre una revisione dei decreti Salvini. Prima di allora Conte incontrerà – forse – anche la cancelliera tedesca Angela Merkel. Un’autentica svolta politico-diplomatica non potrà infatti che maturare al massimo livello esecutivo dei grandi Paesi europei: su due versanti strettamente interconnessi nelle ultime settimane dalla crisi di governo in Italia e dall’assestamento della nuova governance Ue.

Il Conte-2 – già colpito dalla scissione del Pd – verrebbe ulteriormente indebolito da una rapida diluizione dell’impegno costitutivo a “riaprire i porti” come solenne ripudio strategico del salvinismo. Ma gli stessi leader europei che hanno guardato alla nascita del Conte-2 con un favore ai limiti dell’interferenza commetterebbero un errore se – “passata la festa” del ribaltone italiano – derubricassero subito la revisione degli Accordi di Dublino richiesta dall’Italia. E fra i rischi più seri vi è certamente quello che una stagione politica italo-europea nata anche nella prospettiva dell’avvicendamento al Quirinale nel 2022, finisca per minare già nel 2019 l’autorevolezza del presidente italiano.