Dei quattro successori del fondatore Eugenio Scalfari alla direzione di Repubblica, tre sono giunti dalla Stampa: salvo Carlo Verdelli, che ieri ha concluso il suo breve mandato in coincidenza con l’ingresso di Exor nella piena proprietà di Gedi. E la nomina di Maurizio Molinari non è l’unico  elemento di apparente continuità interna nelle scelte annunciate ieri da Yaki Elkann Agnelli: lo stesso Massimo Giannini – designato direttore della Stampa – era già stato in forza al quotidiano torinese negli anni ’90 (vivo ancora Gianni Agnelli) come capo della redazione economica, dopo le prime esperienze a Repubblica



Le storie delle due testate sono intrecciate da ben prima della fusione del 2016: Scalfari stesso è stato genero di Giulio De Benedetti storico direttore della Stampa. E nessuno può dimenticare il ruolo di Carlo Caracciolo – cognato dell’Avvocato – prima nella fondazione dell‘Espresso e poi della stessa Repubblica (la nipote Jacaranda Falck è stata confermata ieri nel cda Gedi, di cui Elkann ha assunto personalmente la presidenza). Ma soprattutto: Exor ha rilevato quattro anni fa il controllo di Gedi da Cir, in un’apparente risistemazione interna alla grande finanza torinese.



Eppure vi sono pochi dubbi che ieri in Gedi sia maturata – se non proprio una rottura – una svolta di profilo molteplice. Non è peraltro facile separare le motivazioni di linea politica dalle spinte dettate dalla crisi dell’editoria giornalistica. Elkann, certamente, non ha atteso un solo giorno per esercitare le sue prerogative di nuovo azionista di controllo: ma si tratta pur sempre di un tycoon quarantenne, nato a New York, reduce dall’annuncio della fusione fra Fca e Psa, titolare di una quota importante dell’Economist, in passato membro del board di Newscorp di Rupert Murdoch.



“Yaki” non ha avuto dubbi o rimpianti nell’abbandonare il ruolo di primo azionista in un patto Rcs troppo affollato e litigioso (troppo anche per l’allora Ceo Vittorio Colao). Gedi – pur meglio resiliente di altri gruppi italiani alla crisi epocale della media industry tradizionale – era già un polo da ristrutturare prima della bufera coronavirus. Ora le è come tutti i competitor nazionali e globali: a ripensare strategie da oggi sarà da oggi il nuovo amministratore delegato Maurizio Scanavino, ingegnere torinese, coetaneo e compagno di studi di Elkann. Quale Gedi uscirà dal cantiere è ancora presto prevedere e non sono certamente da escludere operazioni straordinarie di scala internazionale, soprattutto nelle dimensioni di quel digitale di cui la pandemia sta decretando la definitiva affermazione. È comunque presumibile che siano le preoccupazioni su questo versante che hanno dettato alla redazione di Repubblica di proclamare immediatamente un giorno di sciopero.

Nell’immediato, Repubblica e la Stampa restano il secondo e il quarto quotidiano nazionale per diffusione. Dopo il voto 2018 hanno tenuto linee diverse: entrambe di opposizione al governo Conte-1, poi di appoggio al Conte-2, ma in entrambe le fasi con toni diversi. Se Repubblica di Verdelli si è caratterizzata per un’escalation polemica frontale con la Lega (anche dopo la sua uscita dalla maggioranza  fino all’ultimissima campagna contro la sanità lombarda), la Stampa ha via via accentuato la sua freddezza verso il governo giallorosso soprattutto nell’ottica geopolitica caratteristica di Molinari. Il percepibile allontanamento dell’Italia dai tradizionali riferimenti (Ue e Usa) a favore di avvicinamenti improvvisati a Cina e Russia ha suscitato critiche crescenti da parte di Torino, fino al recente “incidente diplomatico” con Mosca sul ruolo della missione militare inviata da Vladimir Putin in Italia, ufficialmente per sostegno umanitario.

La svolta societaria in Gedi era fissata nel calendario da prima dell’emergenza. È stato il caso, quindi, a collocarla in una giornata non banale come quella del Consiglio Ue che di fatto apre la “Fase 2”. Quest’ultima, peraltro, avrà il suo start lunedì 27: non a caso con la riapertura parziale degli impianti Fca in Italia. Nessuno potrà negare che la quinta generazione degli Agnelli non sia tuttora centrale nel Paese.

P.S.: È una curiosità aneddotica, ma era un 23 aprile anche il giorno in cui fu annunciata la prima successione alla direzione di Repubblica: Ezio Mauro come erede del Fondatore. Era il 1996 e non neppure quelli furono giorni banali: la domenica prima l’Ulivo di Romano Prodi aveva nettamente battuto il centrodestra nel voto anticipato che aveva posto termine alla prima stagione di Silvio Berlusconi.