Questa della statua di Maradona donata al Comune dall’artista Domenico Sepe, collocata con gran cerimonia al di fuori dello stadio ex San Paolo un anno fa e ora restituita al mittente per presunte irregolarità, è un’altra di quelle storie che rendono Napoli così speciale agli occhi del mondo e cara ai cultori delle cronache sensazionali.
Realizzata in bronzo e già oggetto di polemiche per il pallone sospinto dal piede destro invece che dal mitico sinistro, la scultura esibita in pubblico per onorare il primo anniversario della morte del campione è rientrata nello studio del benefattore in attesa che permessi e autorizzazioni fossero a posto per non uscirvi mai più.
Ufficialmente la ragione del ripensamento da parte della giunta comunale risiede nella stima dell’opera che sembrerebbe valere molto di più dei 30.000 euro dichiarati per il solo utilizzo della materia prima. Insomma, il bene risulterebbe troppo prezioso per poter essere accolto considerando le possibilità economiche del donatore.
Ci sarebbe poi anche un’altra spiegazione che stride però con la prima, perché attribuisce un vantaggio ingiusto all’artista in quanto l’esibizione al pubblico della sua creazione gli procurerebbe una pubblicità non dovuta. Insomma, da una parte ci sarebbe un eccesso di favore per il Comune, dall’altra un eccesso di favore per lo scultore.
Invece che compensarsi – una volta vince il Comune, l’altra l’artista – le due circostanze in questo caso si sommano e concorrono a determinare la decisione del Municipio che rinuncia a ritirare il prezioso regalo nonostante gli impegni assunti e il dispiacere della popolazione che considera il Pibe de Oro un vero e proprio nume tutelare.
Ora, se questo episodio fosse accaduto durante la sindacatura di Luigi De Magistris lo avremmo potuto facilmente collocare sull’interminabile scaffale dei pasticci amministrativi che gli erano congeniali. Avremmo potuto, come napoletani, allargare le braccia e constatare una volta di più di aver fatto un uso troppo leggero del nostro voto.
Ma la faccenda cade sotto la responsabilità di Gaetano Manfredi. E allora si fa seria perché l’ex ministro dell’Università, già rettore della Federico II, è uomo accorto e ragionatore. Un ingegnere che lascia poco spazio all’improvvisazione, le cui decisioni – giuste o sbagliate che possano poi rivelarsi – sono sempre ben ponderate.
E allora dev’esserci qualcosa di più dell’errata quotazione o della fama immeritata (anche perché Sepe, che annuncia una conferenza stampa per mettere in chiaro le cose almeno dal suo punto di vista, fa presente di non esser proprio un signor nessuno nella sua categoria). Dev’esserci qualcosa che supera il senso dell’opportunità e del ridicolo.
E infatti si staglia in lontananza la sagoma della magistratura. Indiscrezioni vogliono che la procura stia indagando intorno al fatto, non si sa su quale possibile reato e a carico di chi. E, naturalmente, è ignoto chi o che cosa abbia fatto scattare l’inchiesta: un esposto anonimo, una denuncia circostanziata, un’azione d’ufficio.
Quando l’apparato della giustizia entra in campo c’è sempre da preoccuparsi, non c’è bisogno di avere qualcosa da nascondere. Se l’accusa si persuade di una sua teoria è capace di sostenerne le ragioni anche senza ragione. La prudenza in questi casi non è mai troppa e allora meglio riportare la palla negli spogliatoi. Poi si vedrà…
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