Il turista (e il residente) che sbarca dal treno alla stazione centrale di Napoli o dall’aliscafo al Molo Beverello, rinveniente dalle isole, può constatare che qualcosa d’importante è cambiato. Ad aspettarlo non c’è la nota e pittoresca ressa dei tassisti, ma una lunga e disciplinata fila di taxi. Così forte è l’impatto che si può cadere nel dubbio di aver sbagliato destinazione.
È bastato modificare il percorso delle auto, restringere la sede stradale al punto giusto, creare un parcheggio ad alimentare il flusso per risolvere un problema atavico anche grazie alla presenza di vigili urbani incaricati di sorvegliare il rispetto del dispositivo. La novità è così recente che anche i più riottosi tra i conducenti non hanno potuto prendere le contromisure.
È vero, il traffico che si forma è notevole. La carovana sfila lentamente perché si sale uno alla volta, disciplinatamente, e occorre avere il tempo di accomodare i bagagli. I gesti, fino a qualche giorno fa febbrili, si fanno molli e svogliati. Se dev’essere normalità, normalità sia. Anche il volume delle voci risente del cambiamento. Non c’è più bisogno di urlare per imporsi.
Ma il risultato raggiunto è interessante. Scompare uno dei mercati più mortificanti che si conoscano: quello dei passeggeri. Pochi e conosciuti capibanda s’informavano sulla destinazione del cliente per assegnarlo a questa o a quell’auto a seconda della provenienza (gli stranieri merce pregiata), del percorso da coprire (da scartare quelli brevi), del collega da premiare.
Chiunque abbia avuto l’avventura di partecipare a questa specie di asta si sarà potuto risentire per il tono ruvido e l’atteggiamento minaccioso dei banditori di turno (per restare nella metafora) sentendosi poco più di un oggetto da spedire al destinatario. Tra gli stessi membri della corporazione non tutti mostravano di essere contenti dell’andazzo. Ma così giravano le cose.
Fermato l’assalto alla diligenza bisogna adesso accertarsi che il nuovo modello acquisti efficienza per evitare pericolose nostalgie e conseguenti ricadute. Già molti tra i destinatari del provvedimento si lamentano con chi sale a bordo nel tentativo di catturarne la complicità spiegando che così il sistema s’ingessa a danno degli utenti costretti a pazientare più del solito.
Questo tentativo di normalizzare il servizio pubblico potrebbe e dovrebbe diventare il primo passo per riqualificare una categoria che ha un forte impatto sulla valutazione e la fruizione della città. A partire dalla qualità delle automobili che figurano nella media tra le più vecchie e inquinanti del Paese. Un segnale di cambiamento che andrebbe a merito dell’amministrazione.
Resta da affrontare il tema del numero delle vetture in circolazione diventato improvvisamente povero da quando il turismo è letteralmente esploso, un po’ come a Roma e Milano dove il fenomeno è diventato macroscopico. Nuove licenze a parte, il fatto mai troppo approfondito è che nella bella Parthenope il car sharing è stato respinto e non ha mai attecchito Uber.
In quest’ultimo caso siamo di fronte a un capolavoro di fantasia. È sì possibile scaricare l’app come accade nel resto del mondo, ma l’eventuale chiamata s’indirizza a un’ordinaria cooperativa di tassisti. La presunta alternativa funziona da semplice canale di smistamento senza minimamente intaccare un monopolio immune a ogni tentativo di concorrenza.
Queste specificità della piazza turistica più ambita del momento danno il segno di quanto sia difficile intervenire per migliorare l’offerta. Tutti i tentativi compiuti fino a ieri si sono infranti contro un muro di diffidenza e resistenza che ha vanificato ogni sforzo. Il piccolo e semplice cambio di regime al porto e in ferrovia va valutato come un grande successo.
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