Ci risiamo. La naturale vocazione del Pd, ex Pci, di diventare come una spugna che assorbe tutto ciò che lo circonda con una melliflua opera di assimilazione non riesce a morire. La tattica del dirsi uguali e assimilabili ai competitori, presentandosi come i cugini maggiori degli inesperti movimentisti, è andata in scena alla presentazione del libro di Speranza che ha teso la trappola a Conte, suo ex Premier. La risposta di Conte è stata durissima. Quasi sprezzante.



Conte conosce bene questo gioco di accerchiamento iniziato ai tempi di Zingaretti e proseguito da D’Alema e Bersani che vedono nei 5Stelle una costola della sinistra. Che grande errore. Come lo fu per Bossi e la Lega, ingolfata dai voti a cascata degli ex Pci nelle aree del nord e che in tutti i modi fu corteggiata ai tempi dei tempi dai DS. Il disastro di quegli anni lo pagano ora i piddini. Convinti di fare una mossa astuta modificarono “in senso federalista” la Costituzione mentre erano al Governo nei primi anni di questo secolo. Alla vigilia delle elezioni del 2001 provarono a spezzare l’asse con Berlusconi con il dono al leader Bossi di una riforma costituzionale, che altro non è che la famigerata autonomia differenziata che oggi avversano. Un disastro. Bossi vinse le elezioni con Berlusconi, la Costituzione perse la sua matrice unitaria e i DS di allora si sono sciolti e hanno vinto le elezioni sono grazie al redivivo Prodi, che però cadde in meno di un biennio vittima dei suoi alleati.



Ora la scena si ripete. Come non capirono all’epoca lo stravolgimento valoriale che aveva portato milioni di elettori nelle braccia di Bossi così non comprendono che, mentre pensano di giocare al gatto con il topo Conte, i veri topini sono loro e Conte un famelico gattone che li fa danzare con qualche miagolio. Allettarlo con proposte di alleanze, pari dignità,  richiami valoriali è invitarlo a nozze. Lui sa be quanto odio per il Pd ci sia nel suo elettorato, quanta acrimonia sia stipata nelle loro menti, quanto grande sia intima voglia di veder morto il Pd in quella classe dirigente. Il motivo è semplice. Il Pd attuale non ha alcuna identità popolare vera. Resta un partito revanscista, per dirla in termini a loro chiari. Hanno perso la loro rappresentanza nei ceti popolari e vogliono recuperarla facendo la guerra a destra “al fascismo” come unico motivo di distinzione tra buoni e cattivi. E in questa logica Conte o sta con loro o è con gli altri.



Ma i tempi son cambiati. L’elettorato dei 5Stelle odia i professionisti della politica, ha una visione cupa del futuro, di sente in dovere di rompere schemi e alleanze perché crede di essere stato bistrattato, dimenticato e sfruttato propio dal Pd. La Schlein non vuole farsene una ragione e continua con la sua litania dell’unità delle opposizioni, forse ignora che per l’elettore pentastellato è meglio la Meloni al Governo che il Pd alleato. E tutti, dal lato di Conte, sanno che  una alleanza con il Pd lascerebbe a casa gran parte del loro elettorato.

Difficile comprenderlo? No. È che dalle parti del Nazareno non hanno un piano B. Identità a sinistra, recupero degli elettori smarriti, dialogo finto con Conte per strappargli voti. Ma è una strategia che segna il passo perché Conte l’ha letta sin dai tempi del Governo Draghi e sa che più si distingue più avanza nei sondaggi. E allora? Allora il Pd deve decidere se vuole ritornare a guardare la modernità per proporre soluzioni in economia, politica estera e sicurezza o se mantiene le sue presunte identità storiche di sinistra come unico baluardo. Nel primo caso non può che seguire una rotta ampiamente riformista. Elaborando una visione inclusiva che coniughi un socialismo moderno per dare maggiori diritti a tutti con una rivoluzione liberale che faccia ripartire l’ascensore sociale e ripartire l’economia. Il dialogo che invece il Pd coltiva con grandi agglomerati finanziari e industriali, da un lato, unito a un’enfasi sui diritti civili semplicemente non intercetta i moti profondi della società che lo vede o come un reliquiario consolante per il vecchissimo elettorato o come un respingente blob per gli altri.

L’idea di sommare il vecchio e il nuovo cambiando le facce, usando qualche trentenne svagato per far finta di essere giovani, non funziona. Soprattutto con chi invece avanza nelle posizioni politiche con maggior sicumera sapendo di avere dalla sua la freschezza vera di un movimento post ideologico. Conte sa che alla fine, come un blob extraterrestre, potrebbe insinuarsi lui nella spugna del Pd fino a irrigidirla, consumarla e spaccarla definitivamente. Perché più giocano con lui, più si disegnano la pochette sulle magliette per blandirlo, più una parte di elettorato e di dirigenti tenderà a lasciare al loro destino Elly e i suoi che sognano di rifare il Pci assorbendo i 5stelle. E andranno altrove appena potranno abbattendo il Pd come progetto.

Il punto è che se le spugne assorbono veleno alla fine muoiono. E questo Conte lo sa. Come lo sapeva Bossi.

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