Beppe Grillo con un post pubblicato sul proprio blog dal titolo “Ci deve essere una rete unica” lunedì ha invocato la costituzione di una società unica per la rete telefonica italiana con lo Stato come principale azionista. Beppe Grillo, appellandosi direttamente all’ad di Cassa depositi e prestiti, chiede che l’ad di Open Fiber, società paritetica tra Enel e Cdp, sia sostituito, che Cdp aumenti la propria quota in Tim fino al 25% e poi la creazione di un’unica rete. La ragione è sostanzialmente questa: in tempi di crisi non si possono “sprecare” risorse e bisogna fare una rete unica altrimenti ci sono “inutili” duplicazioni. “In un Paese in cui l’economia non decolla è fondamentale tenere alta l’attenzione agli investimenti, sia pubblici che privati, nell’ottica di evitare la dispersione di miliardi di euro necessaria a garantire occupazione, welfare ed efficienza nei servizi”.
Si fa fatica a capire come mai un’unica società a controllo statale possa fare più occupazione, welfare ed efficienza di due società private che si fanno concorrenza. Di solito è proprio il contrario. Si fa anche fatica a capire perché lo Stato italiano dovrebbe decidere che investire miliardi di euro “statali” nel business della fibra sia meglio che salvare una piccola azienda flagellata dal lockdown. La “crisi” ovviamente non è un buon argomento perché lo Stato italiano dovrebbe concentrare le risorse nelle situazioni di emergenza vera come per le imprese che stanno per chiudere lasciando a casa migliaia di operai. I miliardi spesi per questa operazione di finanza strutturata potrebbe essere usati in ottica sussidiaria con effetti molto superiori sull’economia reale.
I privati, come dimostrano gli ultimi rumour di interesse per Open Fiber, in questa fase hanno grande “appetito” per le reti. Se i privati sono disposti a pagare cifre importanti per la rete di Open Fiber vuol dire che esiste la possibilità, per un Governo che ha poche risorse, di fissare regole chiare e lasciare che i soldi vengano messi dai privati. In questo modo avrebbe un pensiero in meno e molti miliardi di euro in più per salvare le aziende industriali che invece non saranno mai al centro dei desideri dei grandi operatori di private equity internazionali.
La domanda vera impossibile da eludere è questa: perché in piena emergenza industriale mettere come priorità un’operazione che non è urgente né per l’economia, né per centinaia di migliaia di lavoratori? C’è un grande equivoco: la “new economy” ha benefici per un piccolo gruppo di persone e non tocca i grandi numeri dell’occupazione. L’economia “californiana” ha creato pochi quartieri di ricchissimi, ma l’economia americana gira se in Michigan le fabbriche di automobili sono piene. In Italia è meglio che le imprese di componentistica auto o di robotica del Veneto, dell’Emilia o delle Marche non chiudano. L’Italia potrebbe essere all’avanguardia e avere un’economia in declino. Viceversa, se industrie e consumatori italiani fossero in salute, sicuramente un privato si farebbe vivo per investire in rete.
Le domande non finiscono qui. Beppe Grillo non è un cittadino italiano “normale”. Ha due caratteristiche: la prima è di essere fondatore di un movimento politico che ha la maggioranza relativa in Parlamento e che ha avuto una trasformazione genetica impressionante. In questi giorni si dà conto, pensiamo al lavoro di Jacoboni, dello scontro in atto nel Movimento 5 stelle che verte proprio sulla democrazia del movimento. La seconda caratteristica e di avere un rapporto “privilegiato” con l’Ambasciatore cinese in Italia.
Proprio quando due operatori privati si fanno avanti per entrare nel mercato della rete italiano, proprio quando lo Stato italiano, visto l’appetito, potrebbe dettare condizioni interessanti a operatori privati che investono con soldi privati entra in scena a rompere tutto un progetto statale fatto con soldi statali che potrebbero essere usati per salvare imprese e posti di lavoro. Un progetto che ottiene solo con la sua presa in considerazione da parte del presidente del Consiglio di interrompere le trattative private in essere e far scappare a gambe levate chi ha ancora pensava che l’Italia non fosse avviata sulla strada del socialismo reale.
Perché? La riposta non può essere perché bisogna investire in rete. Questo è il momento di salvare il salvabile e limitare l’uso dei soldi pubblici a quello che non può essere fatto dai privati. La prima ripresa, come sempre, è salvare quello che c’è, non immaginare dall’alto piani di cui l’operaio in cassa integrazione non ha e non avrà mai bisogno a meno di avanzare irrealistiche ipotesi di conversione buone solo per un pubblico che non ha mai lavorato un’ora.
I sospetti quindi si accumulano e non sono rassicuranti soprattutto se arrivano in questo modo, in una fase di trattative tra privati, in una fase di crisi senza che si sia mai risolta la questione principale. Con chi si deve alleare l’Italia per il 5G? Con la Cina? Investire miliardi in rete è la priorità dell’Italia di giugno 2020? Per gli italiani no. Per i disoccupati neanche. E allora perché questa fretta motivata con ragioni fumosissime in post sgangherati in cui si mescola tutto e il contrario di tutto?
Senza considerare l’anomalia del rapporto tra Grillo e il 30% dei parlamentari italiani. Un’anomalia che, evidentemente, si pongono anche moltissimi membri del Movimento 5 Stelle.