Il referendum abrogativo è tornato alla ribalta. E, chiaramente, non è solo merito della firma digitale che finalmente è stata consentita per le sottoscrizioni popolari. Le dirompenti richieste dei referendum sulla giustizia, promossi dai radicali e dalla Lega, sono state il primo e fondamentale passo. A ruota sono arrivate le richieste sulla depenalizzazione della cannabis e sull’eutanasia. È di queste ore l’annuncio di una proposta ancor più esplosiva, quella sul green pass, la cui sola presentazione ha consentito di collocare il dibattito sul piano del confronto paritario tra le opinioni, e non più su quelli della mera protesta e della ghettizzazione.



I primi commenti di alcuni giuristi, però, appaiono fermi alla preistoria del diritto costituzionale: si rischia la crisi della democrazia, il parlamento sarà delegittimato, non si affrontano questioni sensibili ricorrendo ad un click, eccetera.

Eppure, da molto tempo ci si lamenta dell’astensionismo, della sfiducia nei confronti della politica, dell’indifferenza rispetto alle istituzioni, del populismo galoppante. Perché allora avere paura di uno strumento previsto dalla Costituzione? Perché temere il voto popolare su questioni che innegabilmente sono di pubblico e comune interesse? Perché respingere i tentativi di riappropriazione della discussione pubblica mediante la sovranità popolare che si esprime nelle modalità e nei limiti della Costituzione?



È paradossale poi che i timori e le obiezioni provengano soprattutto da chi, sino ad oggi, non si è molto preoccupato di osservare le forme della Costituzione e, anzi, si è sforzato di giustificare modalità di decisione per così dire innovative, e comunque alquanto diverse da quelle costituzionalmente previste. Ancor più stravagante è sostenere che l’arrivo della firma digitale richieda di innalzare il numero delle sottoscrizioni popolari necessarie per la richiesta dei referendum: perché una firma digitale varrebbe meno di una sottoscrizione apposta su un foglio di carta? Ma come, non dobbiamo andare verso la transizione digitale? Per non parlare dei rischi di falsificazione, ben più consistenti con le firme tradizionali.



Avere paura del referendum abrogativo, del resto, è il peggior servizio che le classi dirigenti possono fare a sé stesse: come la storia repubblicana ha dimostrato, il fiuto dei cittadini è terribilmente sensibile, soprattutto nei confronti di chi invita ad “andare al mare”.

Certo, nessuna illusione, i referendum da soli non bastano. Ma senz’altro possono aiutare, soprattutto a rendere chi ci guida più attento e meno irresponsabile.

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