I lettori del Sussidiario sanno che da anni combattiamo una specie di battaglia per far sì che si regolarizzi una volta per tutte la problematica della cittadinanza ai discendenti di emigranti italiani all’estero. Ma, nonostante le nostre continue denunce di un settore che viene gestito senza alcun senso di responsabilità, e soprattutto degradando la nostra cittadinanza a livello dell’iscrizione al “Club di Topolino” con organizzazioni sesquipedali di eventi e proclami che di volta in volta propongono nuove interpretazioni dei vari “Ius” (soli, sanguinis e adesso scholae), cioè fantomatici diritti che praticamente allargano sempre di più la questione. Ma vediamo anche un sempre minore “impegno” pure nel combattere le conseguenze di una gestione carnevalesca del fenomeno che già nel corso degli anni ha visto elezioni all’estero che si sono rivelate delle vere e proprie palestre di falsificazioni, raggiri e sistemi atti a trasformare il sacro diritto al voto in un vero e proprio tourbillon di falsificazioni e frodi che, diciamolo francamente, sommate a cambi repentini di casacca di “Senatori” e “Deputati” eletti fuori dall’Italia hanno alla fine alterato ben due Governi arrivando quasi a influenzarne un terzo, con i voti di persone che hanno lontanissime origini nostrane e che non parlano la nostra lingua a determinare la vita di chi in Italia ci vive veramente.



Pensavamo di averne viste di tutti i colori in questi anni, dalle schede farlocche a quella Gardaland che è rappresentata da un progetto denominato “Turismo alle radici” già commentata, ma la notizia ricevuta giorni fa ha addirittura del metafisico e pare veramente incredibile.

Il Tribunale di Genova ha difatti autorizzato la discendente brasiliana di tale Carlo De Maria a ottenere la cittadinanza italiana. Embè, che c’è di strano, direte voi? Che il signor Carlo risulta nato a Borgio Verezzi, in provincia di Savona, nientepopò di meno (direbbe il grande Mario Riva) che nel… 1783! Sì, avete letto bene: ma la cosa comica è che in quell’anno la località dove nacque Carlo non faceva nemmeno parte di un Regno d’Italia che, ovviamente, non esisteva… ma del Ducato di Genova. No, non avete capito male: siamo arrivati al punto che, a partire da ora, dopo questa scandalosissima sentenza, più di 10 milioni di discendenti di secoli fa potrebbero appellarsi e ottenere lo stesso diritto magari con qualche discendente che ha vissuto nell’Impero Romano o in pieno Medioevo, per fare due esempi.



Ora il nostro ministero degli Esteri si è appellato contro questa boiata pazzesca anche perché, nella sola America Latina, ben 1.540.000 sono già le richieste che giacciono presso i nostri Consolati e la cifra potrebbe, lo ripetiamo, decuplicarsi dopo la sentenza fin qui commentata.

Quella italiana purtroppo è l’unica cittadinanza trasmissibile, da quanto stabilito dal decreto di Giolitti del 1895 mai cambiato, a coloro i cui avi emigrarono dopo l’unità d’Italia del 1861, cosa che ha provocato danni gravissimi non solo alle nostre istituzioni con il fenomeni delle “elezioni” citato prima, ma anche con costi enormi buttati dalla finestra: ed il perché è chiarissimo. Difatti la grande maggioranza dei richiedenti, specie, lo ripetiamo, dall’America Latina si serve della cittadinanza italiana solo per poter entrare negli Usa senza visto e nell’Ue senza complicazioni di sorta: ma non in Italia.



Partiti appartenenti all’ex sinistra, ora radical-chic ZTL, hanno nello ius soli generalizzato il loro cavallo di battaglia: non solo per dare cittadinanza immediata a tutta un’immigrazione clandestina che da più di 20 anni investe il nostro Paese, organizzata dalla criminalità, ma anche nella produzione di italiani fasulli che, nelle loro intenzioni, si stabilirebbero nel nostro Paese godendo pure di privilegi vari (pensioni, alloggi) oggi in gran parte negati agli abitanti dello stivale. Con la scusa del fatto che in Italia la natalità è crollata a dei livelli preoccupanti (solo nel 2023 abbiamo raggiunto il numero minore di nascite dal…1861) e così si ripopolerebbe un Paese altrimenti vuoto.

Lor signori si dimenticano però di diversi fatti, tra i quali quello che la crisi che stiamo attraversando e che rischia di far passare 11 milioni di italiani dalla classe media alla povertà, oltre a essere basata sulla totale mancanza di progetti in questi anni per combattere il fenomeno, è il frutto di più di 20 anni di politiche scellerate che hanno distrutto non solo il sistema di salute pubblica, ma anche l’istruzione e soprattutto il mondo del lavoro, dove deteniamo il record per gli stipendi più bassi dell’Ue. A questo punto ditemi voi come una famiglia, che già spesso non arriva a unire il pranzo con la cena, potrebbe permettersi di fare figli che, inevitabilmente, porterebbero il nucleo famigliare alla bancarotta e a rivolgersi alla Caritas per poter mangiare, come già accade in molte città italiane.

E così il trucco (perché chiamarlo progetto è una bestemmia) delle cittadinanze facili, secondo loro, non solo ripopolerebbe l’Italia, ma sopratutto creerebbe una base di voti per partiti che, in passato legati ai lavoratori e ora completamente svenduti, per esempio, alla tematica dell’LGBTQ+, hanno perso gran parte del loro seguito.

È ovvio che, date le pessime condizioni in cui versa l’Italia, questi falsi italiani alla fine si dirigano dove esistono migliori condizioni e qualità della vita invece di scegliere di soffrire da noi, come capita a molti che pagano dai 1.000 ai 5.000 euro per arrivare su dei fantomatici barchini e poi, se vivi, finire sfruttati nel mondo dell’agricoltura schiavizzato o come lavoratori assunti dalla criminalità.

Sarebbe ora che la politica facesse qualcosa di concreto anziché pensare a progetti fasulli e senza senso, occupandosi veramente degli italiani attraverso politiche incentrate sul bene comune, anche limitando l’ottenimento della cittadinanza all’estero a due sole generazioni, come fanno da decenni altri Paesi europei e non, e quello dello stesso diritto in Italia dopo 15 anni di residenza continua con attività lavorativa… come d’altronde accade nel Brasile della nostra cara amica che deve ringraziare non solo un parente di quasi tre secoli fa, ma anche un sistema giudiziario ormai chiaramente allo sbando di decisioni concertate con un mondo politico totalmente incapace di svolgere il suo ruolo.

Per finire un’altra notizia sullo stesso tema: il pilota Franco Colapinto, finito al dodicesimo posto nel Gran Premio d’Italia di Formula 1, ha dichiarato ai quattro venti di essere orgoglioso di sentirsi argentino e che non è affatto italo-argentino o italiano. Però ha il nostro passaporto… E allora, per favore, nella sua condivisibilissima argentinità, come mai non rinuncia alla nostra cittadinanza?

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