«Dal governo approccio prudente, realistico e sostenibile». Questo il monito alla base dell’aggiornamento alla Nadef avvenuto al termine della scorsa settimana. L’intento del Presidente Giorgia Meloni e del ministro Giancarlo Giorgetti è chiaro e le parole di quest’ultimo sottolineano la necessità di questo comune agire: «L’obiettivo del governo è mitigare gli effetti del caro energia su famiglie e imprese, concentrando su di essi larga parte degli interventi. Abbiamo affrontato e approvato la Nadef con un approccio prudente, realistico e sostenibile».
Si tratta di un aggiornamento doveroso da parte dell’esecutivo appena insediato che, riprendendo la Nadef dal Governo Draghi, ha voluto rivedere alcuni elementi modificandone l’entità in ottica della neonata legislatura e, soprattutto, in vista della prossima Legge di bilancio. Nulla da obiettare a tutto questo, ma, approfondendo l’analisi del documento, qualche perplessità sovviene: soprattutto riguardante alcuni numeri e, ancor prima (a pagina 2), da una semplice e chiara rappresentazione grafica.
L’aggiornamento (è bene ricordarlo) vede una proiezione dei futuri prezzi medi del mercato energetico (sia dell’elettricità che del gas naturale) in cosiddetta lateralità fino al 2024 inoltrato con una dinamica prospettica che identifica rispettivamente valori superiori ai 120 e 300 euro MWh.
Se si confronta questa nuova (e pertanto più attuale) previsione con quella contenuta nella precedente Nadef a firma Governo Draghi, le stime presenti appaiono verosimilmente allineate con quelle dello scorso settembre. Un’unica differenza è attribuibile a un’inversione nel 2024 con i prezzi dell’energia elettrica “visti” in rialzo rispetto a quelli del gas naturale, ma, prescindendo da questa ipotesi, il risultato, purtroppo, nella sostanza non cambia ovvero: il Governo non si aspetta significativi mutamenti per i prossimi mesi.
A tale scenario potenzialmente negativo (per la sola “materia energia” da noi presa in esame) si devono inoltre affiancare le parole del ministro Giorgetti che, nella sua relazione al Parlamento, ha sottolineato come: «Le ultime stime della crescita del Pil nel terzo trimestre, pur registrando un risultato ancora positivo, rilevano un primo rallentamento rispetto agli andamenti della prima metà dell’anno» con il permanere di «rilevanti rischi al ribasso per la parte finale dell’anno». Inoltre, sempre il ministro mette anche in guardia sui possibili risvolti negativi delle ultime settimane: «Permangono anche per ottobre le attese di un rallentamento del ciclo economico a livello globale, con una revisione al ribasso delle più recenti previsioni degli organismi nazionali e internazionali dettate dalle persistenti tensioni inflazionistiche e dalla decisa risposta delle banche centrali». A seguito di queste considerazioni arriva – inevitabile – l’amara conclusione: «A fronte di questi sviluppi, le prospettive di crescita dell’economia per il prossimo futuro appaiono oggi più deboli e incerte. La previsione tendenziale di crescita per il 2023, tenuto anche conto degli sviluppi attesi per gli ultimi mesi dell’anno in corso, è rivista al ribasso allo 0,3 per cento, rispetto allo 0,6 per cento stimato a settembre nella Nadef» con una magra consolazione che «per il 2024 e il 2025 restano invece confermate le proiezioni della Nadef».
Appare evidente come lo scenario di fondo sia ritenuto negativo dal Governo e, se questa nostra interpretazione (decisamente fattuale visto il riportato) non risulta sbagliata, allora sorge un problema sul versante previsionale in ambito di debito pubblico.
Sempre nell’aggiornata Nadef il rapporto debito pubblico/Pil viene confermato al ribasso, ma non solo: meglio rispetto alla precedente versione, infatti «i nuovi livelli programmatici di deficit in rapporto al Pil sono posti al 4,5 per cento per il 2023, 3,7 per il 2024 e 3,0 per cento per il 2025».
Raffrontando questi ultimi (rif. “Quadro programmatico”) con la “versione settembre 2022” (rif. “Memo Def 2022 (Quadro programmatico), la nuova release riporta un differenziale positivo rispetto ai precedenti 3,9 (2023), 3,3 (2024) e 2,8 per cento per il 2025 nonostante il quadro tendenziale delle due Nadef rimanga pressoché immutato (fatta eccezione per uno 0,1 per cento negli anni 2024 e 2025).
Ovviamente sulla base di queste nuove (migliori) aspettative, i singoli rapporti trovano conseguentemente un (migliore) aggiornamento: debito pubblico (al lordo dei sostegni) a 144,6 per il prossimo anno, a 142,3 per il 2024 e a 141,2 nel 2025.
Estremizzando attraverso una semplificazione tutto quello che abbiamo riportato la sintesi sembra essere questa: il Governo individua come prioritario il contrasto al caro energia e le prospettive future (rif. mercato dell’energia) appaiono immutate. Lo scenario economico che il Paese Italia (e non solo) vivrà nei prossimi mesi si caratterizza per un quadro complessivamente negativo. Nonostante la presenza di questi fondamentali presupposti, l’azione dell’esecutivo in carica, si concretizzerà attraverso un progressivo ridimensionamento del debito.
Tralasciando volutamente ulteriori dati, variabili e argomentazioni che ovviamente sono a nostra conoscenza come può concretizzarsi questa nuova visione? Con quali risorse verranno ripianate le casse dello Stato? Il Governo, a queste domande (come a molte altre ancora), avrà sicuramente le risposte e l’ormai imminente Legge di bilancio sarà il primo responso.
Nell’attesa, non lo possiamo negare, alcune perplessità di fondo rimangono e ci fanno pensare. Molto.
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