Secondo la definizione dello scienziato giornalista o giornalista scienziato David Epstein – autore per i tipi della Luiss University Press del libro “Generalisti” – quelli che viviamo sono “tempi malvagi”. Nel senso che domina incontrastata l’incertezza e l’esperienza accumulata nel tempo, per quanto preziosa, può essere addirittura d’intralcio di fronte a problemi nuovi, mai affrontati in precedenza.
In tempi malvagi l’aver imparato a fronteggiare una data situazione cento e mille volte finendo con l’acquisire una sorta di capacità automatica di reazione finisce col produrre disastri, perché la risposta non sarà mai adeguata alla domanda che sfugge alla routine. È quello che è accaduto, per esempio, di fronte all’imprevedibilità del Covid dove anche gli esperti più esperti hanno brancolato nel buio.
Tutt’altra cosa vivere in “tempi gentili”, quando le cose si susseguono secondo un ordine conosciuto o riconoscibile e le soluzioni da adottare sono bell’e pronte. Frutto di studi e azioni che si ripetono e consentono di intervenire con prontezza ed efficacia. Qui l’approfondimento diventa utilissimo, quasi necessario, e l’universo abbonda di scuole dove si può imparare a scendere nel dettaglio del dettaglio.
Non a caso il mondo di oggi è pieno zeppo di specialisti preparati a metter bocca o mano su ogni possibile faccenda dai contorni chiari e definiti. Mentre invece servirebbe esattamente il contrario: uomini e donne in grado di leggere il quadro d’insieme, di collegare tra loro fatti e circostanze in apparenza distanti, di cercare e trovare le chiavi giuste per raggiungere risultati che altrimenti sfuggono.
Per riuscire in questo intento occorre affidarsi, come suggerisce il titolo del volume di Epstein, ai “generalisti”. Soggetti sorretti da una curiosità così forte, e una spiccata flessibilità di pensiero e azione, da riuscire a superare le barriere esistenti tra temi e discipline e manifestare interesse un po’ per tutto in modo da non andarsi a chiudere in una gabbia per quanto dorata di saperi circoscritti.
Molte ricerche, riportate nel testo, mostrano come geni assoluti nella musica, nella fisica, nella letteratura, nella chimica, nello sport e in tantissimi altri contesti sono o sono stati autodidatti. Oppure si sono formati un po’ alla volta in questo o quel campo collegando con sagacia quanto imparato dal precedente impegno al successivo sempre e comunque arricchendo il proprio patrimonio di saperi.
Tutto questo insegna che l’ossessione per individuare il prima possibile il budello in cui infilarsi per carpirne tutti i segreti superando in accuratezza e precisione tutti i possibili concorrenti non sempre è la scelta migliore se davvero si vuole fare la differenza in politica come nelle professioni come nell’impresa. Lo sguardo largo è oggi indispensabile per interpretare le sfide e uscirne vincitori.
Ne discende che vagabondare da giovani – e non perdere l’abitudine da grandi – tra più interessi non è di per sé un male. Non è qualcosa da condannare in prima battuta senza comprendere la vera natura di quell’errare della mente che sta forgiando il connettore di domani: chi saprà davvero che farsene delle scoperte degli specialisti integrandole e connettendole in forme innovative e davvero utili.
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