Caro direttore,
con un tempismo più magico che sospetto, ieri mattina il Movimento Federalista Europeo ha lanciato il memo del suo evento annuale, che si terrà domenica a Ventotene. In memoria di Altiero Spinelli e del suo Manifesto – scritto al confino nel 1941 – si ritroveranno Romano Prodi, Mario Monti e Sylvie Goulard: designata giusto due giorni fa commissario Ue dal presidente francese Emmanuel Macron. Si unirà a loro Sandro Gozi, ex sottosegretario alla Presidenza nei governi Renzi e Gentiloni, recente protagonista di un controverso arruolamento nell’esecutivo francese (Goulard, fino a l’altro ieri vicegovernatore della Banca di Francia, è stata dal canto suo consigliere politico di Prodi alla presidenza della Commissione Ue).
È probabile che quando l’appuntamento è stato organizzato i protagonisti non si attendessero di celebrare la nascita del governo Conte bis. È invece verosimile che fosse nei loro obiettivi spingere in escalation un’iniziativa politica vasta, profonda, entrata in fase operativa dopo il voto europeo di maggio: quella che ha poi registrato un esito “precipitato” nella crisi di governo in corso in Italia.
È stato del resto Prodi a sbloccare l’impasse di Ferragosto: proponendo a viso aperto un “governo Ursula”, un format politico figlio dell’opaco ma decisivo appoggio dato dal M5s al neo-presidente tedesco della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Ma quella promossa dall’ex premier italiano è subito apparsa anche un’ipotesi di svolta, nipote in linea retta di quella gestita nel 2011 da Monti, con l’assoggettamento “federalista” dell’Italia all’eurocrazia franco-tedesca. La presenza a Ventotene di Goulard e Gozi certifica d’altronde in modo ostentato dove e come è maturato l’“euro-golpe” italiano del 2019: fra Parigi, Berlino e Bruxelles, su spinta di un gruppo di “fuoriusciti” italiani agli ordini di Prodi.
La “narrazione di Ventotene” è del resto chiarissima: l’Italia è ricaduta nella dittatura fascista, i “democratici in esilio” hanno il diritto-dovere di condurre una nuova “guerra di liberazione”, appoggiandosi alle potenze del “mondo libero”. Prodi – che rivendica chiaramente per sé le vesti di nuovo De Gasperi – si accinge dunque a festeggiare il Conte bis come compimento dell’originaria offensiva Monti e della lunga “attesa sulla linea Gotica” nel quinquennio del centro-sinistra. E pazienza se contro i “ribelli” del Nord Italia – gli stessi che abitavano i territori della Repubblica Sociale… – si sono dovute usare, e forse si dovranno ancora usare, le bombe atomiche: furono sganciate anche contro il Giappone nel 1945, e non si ricordano prese di posizione contrarie da parte dei federalisti europei. E forse che il primo governo dell’Italia “liberata” non è finito nei libri di storia come “governo del Sud”?
Ieri mattina, intanto, Stefano Folli ha sintetizzato così su Repubblica le prospettive del governo Conte bis: “Il programma economico lo fornirà l’Europa e i buoni rapporti con la Commissione von der Leyen potrebbero consentire qualche utile bonus al governo dell’Italia ‘desalvinizzata’. L’arcigna austerità degli ultimi anni potrebbe cedere il passo a un’austerità selettiva e più flessibile”. Meglio non si poteva togliere il velo a trent’anni di retorica sull’equità tecnica dei parametri di Maastricht: che nella realtà sono sempre stati armi di competizione – di regolamenti di conti – branditi dai Paesi forti dell’Unione contro quelli più deboli o comunque per qualche ragione sgraditi. L’austerità non è mai uguale per tutti. E il caso “Italia 2020” promette di darne prova definitiva.
Il premier giallo-verde Giuseppe Conte venne duramente rimbrottato a Bruxelles per aver presentato una manovra 2019 in deficit al 2,4% e il suo governo fu oggetto di un’incredibile procedura di infrazione per il rapporto debito/Pil subito dopo il voto di maggio e il boom della Lega. Fra poche settimane si dice ora che il “nuovo” premier Conte – ora “giallorosso” – presenterà alla “nuova” Commissione Ue una “nuova” manovra italiana in deficit al 3%. E già Repubblica ci avverte che riceverà luce verde.
Benvenuti, comunque, nella post-democrazia europea di Prodi e Monti, di Conte e dei suoi molti mandanti internazionali. Non siamo certi che Spinelli ed Ernesto Rossi apprezzerebbero. Loro lottarono – anche fuori del loro Paese – per abbattere una dittatura vera in Italia e costruire un’Europa veramente democratica.